NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Non passò di poi molto tempo che per tutta Italia si sparse l'accidente venuto a la figliuola del re Carlo. Né vi si trovando rimedio, avuta il re notizia di Gianmatteo, mandò a Firenze per lui. Il quale, arrivato a Napoli, dopo qualche finta cerimonia la guarì. Ma Roderigo, prima che partissi, disse: - Tu vedi, Gianmatteo, io ti ho osservato le promesse di averti arricchito; e però, sendo disobligo, io non ti sono più tenuto di cosa alcuna. Pertanto sarai contento non mi capitare più innanzi, perché, dove io ti ho fatto bene, ti farei per lo avvenire male. - Tornato adunque a Firenze Gianmatteo ricchissimo, perché aveva avuto da il re meglio che cinquantamila ducati, pensava di godersi quelle ricchezze pacificamente, non credendo però che Roderigo pensassi di offenderlo; ma questo suo pensiero fu subito turbato da una nuova che venne: come una figliuola di Lodovico settimo, re di Francia, era spiritata. La quale nuova alterò tutta la mente di Gianmatteo, pensando a l'autorità di quel re e a le parole che gli aveva Roderigo dette. Non trovando, adunque, quel re alla sua figliuola rimedio, e intendendo la virtù di Gianmatteo, mandò prima a richiederlo semplicemente per uno suo cursore; ma allegando quello certe indisposizioni, fu forzato quel re a richiederne la Signoria; la quale forzò Gianmatteo a ubbidire. Andato pertanto costui tutto sconsolato a Parigi, mostrò prima al re come egli era certa cosa che per lo adrietro aveva guarita qualche indemoniata, ma che non era per questo che gli sapessi o potessi guarire tutti; perché se ne trovavano di si perfida natura che non temevano né minaccie né incanti né alcuna religione; ma con tutto questo era per fare suo debito, e non gli riuscendo, ne domandava scusa e perdono. Al quale il re turbato disse che, se non la guariva, che lo appenderebbe. Sentì per questo Gianmatteo dolore grande; pure, fatto buono cuore, fece venire la indemoniata e, accostatosi all'orecchio di quella, umilmente si raccomandò a Roderigo, ricordandogli il beneficio fattogli e di quanta ingratitudine sarebbe esemplo se lo abbandonassi in tanta necessità. Al quale Roderigo disse: - Do! villan traditore, sicché tu hai ardire di venirmi innanzi! Credi tu poterti vantare d'essere arricchito per le mie mani? Io voglio mostrare a te e a ciascuno come io so dare e torre ogni cosa a mia posta; e innanzi che tu ti parta di qui, io ti farò impiccare in ogni modo. - Donde che Gianmatteo, non veggendo per allora rimedio, pensò di tentare la sua fortuna per un'altra via; e fatto andare via la spiritata, disse al re: - Sire, come io vi ho detto, e' sono di molti spiriti che sono sì maligni che con loro non si ha alcuno buono partito, e questo è uno di quegli. Pertanto io voglio fare una ultima sperienza, la quale se gioverà, la Vostra Maestà e io areno la intenzione nostra; quando non giovi, io sarò nelle tua forze e arai di me quella compassione che merita la innocenzia mia. Farai pertanto fare in su la piazza di Nostra Dama un palco grande e capace di tutti i tuoi baroni e di tutto il clero di questa città; farai parare il palco di drappi di seta e d'oro; fabbricherai nel mezzo di quello uno altare; e voglio che domenica mattina prossima tu con il clero insieme con tutti i tuoi principi e baroni, con la reale pompa, con splendidi e ricchi abbigliamenti conveniate sopra quello; dove, celebrata prima una solenne messa, farai venire la indemoniata. Voglio, oltra di questo, che da l'uno canto de la piazza sieno insieme venti persone almeno che abbino trombe, corni, tamburi, cornamuse, cembanelle, cemboli e d'ogni altra qualità romori; i quali, quando io alzerò uno cappello, dieno in quegli strumenti e, sonando, ne venghino verso il palco; le quali cose, insieme con certi altri segreti rimedii credo che faranno partire questo spirito.


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