NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Gian Simone, come che molto gli dolesse lo spendere, pure per non avere a comparire e cimentarsi innanzi al vicario, et oltre al danno che egli pensava che gliene potesse venire, troppo gli dispiaceva che questo fatto si avesse a spargere per la città; onde allo Scheggia disse: - I danari sono in quella cassa che tu vedi al tuo piacere, per portargliene a tua posta; ma innanzi che gli abbia nelle mani, io voglio intendere in che modo, e come egli ci vuole scampare, e per qual via; perché io non vorrei entrare in un pelago maggiore. - Bene e saviamente parlate, rispose lo Scheggia io me n'anderò correndo a trovarIo; e fattomi narrare il modo che tener vuole a salvarci, tosto me ne ritornerò a voi con la risposta: intanto annoverate i danari, ché io non abbia a badare. - Tanto farò, disse Gian Simone, adesso che mogliama è ita a Messa; e tu ingegnati di ritornar ratto, chè mi par mill'anni ogni momento d'esser fuora di questo intrigo. - Per la qual cosa lo Scheggia si partì subitamente, e camminando di letizia pieno, se n'andò volando a casa Zoroastro; e lo trovò col Pilucca insieme, che l'aspettavano, e si struggevano intendere come passassero le cose, temendo che la lepre non desse a dietro; ma da lui inteso il tutto, tanta allegrezza avevano, che non capivano nelle cuoia. Ultimamente avendo lo Scheggia bevuto un buon tratto del buon vino della sera, e fatto un asso, se ne venne quasi correndo in casa Gian Simone, il quale trovò in camera che l'aspettava, fornito avendo d'annoverare i danari; e gli disse dopo il saluto: - Il modo che vuol tenere Zoroastro per liberanci, tra molti che potuti ne avrebbe mettere in opera, Gian Simone, è questo: egli favellando col suo spirito, che egli ha costretto nell'ampolla, ha da lui inteso come solo il Pilucca, il Monaco, il vicario e il cancelliere sanno, e non altri, la cosa appunto; e ancora che il cancelliere abbia fatto la citazione, nondimeno non l'ha scritta al libro, perché non le usano scrivere, se non quando altri comparisce, o passato il tempo che comparir si dovria. Per la qual cosa egli ha fatto quattro immagini di cera verde, per ognuno di loro una, e ha mandato or ora un Demonio costretto nell'inferno al fiume di Lete per una guastada di quell'acqua incantata; con la quale bagnata tre volte, e dipoi strutte ed anse l'immagini, coloro si dimenticheranno subito ogni cosa intorno ai casi nostri, né mai alla vita loro se ne ricorderanno, sebben vivessero mille anni; e se voi o io ne dicessimo nulla, il Pilucca et il Monaco ci terrebbero pazzi. Il vicario e il cancelliere, non sendo chi ricordi loro, né chi solleciti la causa, et eglino avendosi dimenticato il tutto, e non l'avendo scritta al libro delle querele, non seguiteranno più oltre; e così verrà ad essere come se non fosse mai stato, e questo si chiama l'incanto dell'oblio. - Grandi cose maravigliose parevano queste a Gian Simone, ma molto maggiore stimava, credendolo fermamente, lo essere il Monaco, volando per l'aria, venuto a casa Zoroastro; sicché, dato fede alle simulate parole dello Scheggia, disse: - I danari son costì in sul cassone in quella federa, togli a tua posta: ma come farem noi, che non sono altro che ventidue fiorini, perché, di venticinque che gli erano, tre ne ho tra il medicarmi et il presente spesi? - Al nome di Dio, rispose lo Scheggia, acciocché l'indugio non pigliasse vizio, egli me ne pare andar tanto bene, che io gli accatterò da un mio amico banchiere, e metterolli di mio: che diavol sarà mai? per questo non si resti. - Tu farai bene, disse Gian Simone, e come tu gnen'averai dati, e che l'incanto sia finito, tornami a ragguagliane. - E così lo Scheggia, preso quella federa dove erano i danari, tutt'oro et argento, lietissimo si partì da colui, e andonne battendo ai due compagni che l'attendevano; i quali, veduto i danari, e inteso dei tre ducati che.vi mancavano, quello che lo Scheggia detto aveva, ridendo e di gioia pieni, consularono di farne, quanto duravano, buon tempo e lieta cera; et ordinato che il Pilucca andasse per il Monaco, e che bene mandasse là d a desinare, dove tutti s'avevano da rivedere, se ne tornò lo Scheggia a Gian Simone, dicendogli: - State sicuro, Gian Simone, ogni cosa è acconcia. - E seguitò: - Io accattai i tre fiorini che mancavano, e me n'andai volando al negromante, e trovai appunto il Diavolo, che aveva arrecata l'acqua; sicché tosto, veduto egli i danari, bagnò le immagini, e di poi le messe tutte e quattro sopra un fuoco che aveva acceso di carboni d'arcipresso; le quali in un istante si strussero e consumaronsi. Zoroastro, fattosi arrecare allora un gran catino d'acqua incantata, dicendo non so che parole, spense ogni cosa; e a me disse: - Va' via a tua posta, e non temer più di nulla. - Io, ringraziotolo, subito partii; e nel venire a casa vostra riscontrai appunto dal Canto de' Pazzi il Monaco, il quale, facendomi il miglior viso del mondo, mi disse addio, dove prima non mi soleva favellare, anzi mi faceva sempre viso di matrigna.


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