Ivi, come in tutti gli altri paesi, gli olivi si propagano per talee (martella); se ne fa posticcio, ed i piantoni, che se ne levano per essere venduti, fanno una lira l'uno. Ed i terreni ulivati sono estesissimi, e gittano una rendita cosí squarciata, che i signori di quei luoghi sono i soli in Calabria, che menino davvero una vita signorile. I terreni si lasciano sodi un anno sí, ed uno no, e si pongono alternativamente ora ad orzo, ed ora ad avena, a grano mai. Gli olivi restano ignari di scure per tre anni; al quarto si potano, si mondano, si schiariscono, ed a condurre quest'opera vengono tra noi i Pugliesi; ma la dibruscatura (spúlica) si fa ogni anno. La porta del Casino è nel mezzo dell'Oliveto: le stanze a terreno servono ad uso di magazzeni, di coppai, di cammini, di trappeti, e di alloggio ai fattoiani. Attorno attorno una serie di casotte ad un palco, con soglia liscia, e dove albergano le donne chiamate a rassettare l'olive. I proprietarii si tolgono alla città sulla fine di ottobre e il capo di novembre, e scendono a svernare nei casini, ed assistere ai fondi; perché stante il proverbio loro l'oliva piú pende piú rende, la si raccatta per terra, né si abbacchia, né si coglie sull'albero, e tra per questo, e tra per la vastità degli oliveti la raccolta delle olive va da novembre a tutto aprile. Il piú delle raccattatrici è di montanine: il proprietario dà loro innanzi qualche moneta a buon conto, ed elleno, ricevuta la buon'andata dei loro vecchi che dicono ad esse, sospirando: "Guardatevi l'onore", si tolgono con piacere al fumo, al fango, al freddo dei monti natali, corrono a folte allegre schiere alle maremme, e vi travasano con essoloro il gallo e la gallina e il porcello.
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