Il ponte appoggia le due testate a due spallicciuole, ossia a due travi messe di traverso. La spallicciuola di fondo è fermata nel muro e dicesi il dormente; la spallicciuola d'avanti ha le estremità libere, e nel suo mezzo riceve la temperatoia (pede), stanga verticale di legno. L'estremità superiore o la nottola del palo è di ferro acciaiato: passa a traverso il bossolo (vuòscita), cilindro di legno dolce incassato nel centro della macina di fondo, e va ad incastrarsi nel centro della macina di coperchio. Quando le due macini vogliono scostarsi, per uscirne men trita la farina, il mugnaio solleva la temperatoia. Di questa la estremità superiore riesce alquanto sul pavimento, dove sono le macini, attraversata da una gruccia. Sotto la gruccia il mugnaio caccia a colpi di mazza delle biette; e la temperatoia si sollalza. Sollalzandosi solleva seco la spallicciuola a cui sta di sotto inchiodata; e la spallicciuola sollevandosi spinge seco in alto il ponte con la bronzina; la bronzina spinge il palo, e questo la macine di coperchio.
La presa dell'acqua è dove piú, dove meno lontana: si fa la pescaia ('ntripelàla) con fascine e con roste inzaffate di terra; l'acqua deviata si caccia lungo una gora (gorgia, acquaru); trova alle spalle del molino la cateratta (saitta) di muro in pochi paesi, di legno in tutti; vi cade fragorosamente, s'insinua nella doccia (cannella) lunga una spanna, e larga all'avvenante, dà nelle pale della ruota, e il molino bello bello si mette, come dicono i nostri mugnai, in farina.
| |
|