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      Sapete che avvenne d’Icaro quando s’attentò di volare con ali fittizie! e che luttuosa fine abbia incorso quella rana che a forza di gonfiarsi pretendeva emulare il bue!
      Primieramente siffatti pranzi vanno riguardati anche sotto al nobile aspetto d’una esposizione artistica, ove fra tante cose si va ad ammirare l’opera d’un cuoco oltramontano da dieci franchi al giorno, ed un credenziere da non so quanti altri: quando che nelle case del buon popolo non è raro che si abbia da compatire un mediocrissimo brucia-pentole, o fors’anche un’umile servetta da dieci franchi al mese: e da ciò nasce che per voler dare un gran numero di piatti bisogna ricorrere terque quaterque al sullodato majale. In secondo luogo, alle grandi mense o tutti i piatti (salvo la frittura e l’arrosto che si portano al momento debito) campeggiano già sulla tavola disposti in giro e sopportati da vasi d’argento caloriferi: oppure ogni coperto va munito della lista delle vivande, scritta per due terzi in francese e per un terzo in inglese (giacchè in lingua italiana non è permesso nemmeno di mangiare). E mi ricordo che la prima volta quella carta l’ho creduta un madrigale, e dissi ingenuamente fra me stesso: «Vedi, vedi! i conti e i marchesi pranzano in poesia.» Ora, con qualunque dei due sistemi il convitato vede o prevede di primo colpo tutto il pranzo e le tentazioni tutte della gola; e se non si sente abbastanza forte per tutte soddisfarle, si riserva con saggia economia per quanto vi ha di più simpatico e solleticante al proprio gusto: ben inteso, che non si usa mai a importunare, nè tampoco a rimarcare se Tizio si serva delle vivande in piccolissima dose, o se Cajo ne lasci passare diverse senza prenderne affatto.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





Icaro Tizio Cajo