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      Il gatto ha fama di ladro, e in grado tale che antonomasticamente i ladri si chiamano gatti. È un gran dire; ma appunto non è che un dire: e più una cosa è comunemente creduta, più il savio deve insospettirsi che non sia un pregiudizio degli sciocchi.
      Posto dunque nettamente il tema, se il gatto sia o non sia ladro, risponderò con un dilemma. O trattasi di gatto povero che, per rarissima eccezione alla regola, non abbia il suo piatto in famiglia, e debba cavarsi la fame coll'industria: e allora non è già rubare, ma esercitare il diritto, anzi il dovere della propria conservazione; giacché, sia lode al vero, egli si attiene scrupolosamente in questi limiti, non appropriandosi che i puri e materiali alimenti. O si tratta di un ghiottone ben pasciuto: e allora non è più un vile mestiere, perché non imposto dal vile bisogno: allora è un'arte di mero diletto, è una specie di vocazione che trae le sue radici dalle filosofiche combinazioni delle forme cerebrali.
      E si userà l'indegna parola di ladro? Si pratica forse così tra gli uomini? Io sento chiamarsi ladro chi letteralmente vi spoglia della borsa, o vi s'introduce in casa a forzarvi lo scrigno: ma chi fa diventar sua la roba altrui da dilettante, e in più gentil maniera, odo chiamarlo col nome di ceti onoratissimi (e qui perciò alludo alle rare eccezioni), odo chiamarlo amministratore, patrocinatore, negoziante, economo, tutore, fattore, ecc.; e si soggiunge colla più tenera compiacenza: - questi se n'intende di affari! - quegli sa ben menare la sua barca!


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98