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      Non era ancora bene consolidata la pace, che ricominciarono a pullulare i semi di nova guerra. Rodeasi Filippo delle perdite fatte, e colle frodi, armi sue predilette, tentava di rimettersi nell’antica potenza. Fra l’altre, fu troppo aperta quella di avere suscitato una congiura per introdurre le sue truppe in un castello del Bresciano. Il capo ne fu arrestato, e la sua confessione non ne lasciò più alcun dubbio.
      Eccoci dunque al principio del 1431, per la terza volta in armi.
      Il Carmagnola cominciò le ostilità colla presa di Trevi e di Caravaggio, e già mirava a quella di Soncino per via di astuzie, ma questa volta l’ingannatore fu ingannato; poichè mentre marciava per occuparla, venne oppresso da un tal numero di nemici, che le sue milizie furono rotte, disperse, inseguite, ed egli stesso costretto a precipitosa fuga. Rimaneva però intatta la flotta del Pò composta di 80 e più legni, comandata da Niccolò Trevisan. Tosto che Carmagnola potè riaversi del sofferto danno, e reclutar nuove truppe, mostrò di volerla sostenere. Essa essendo avanzata presso Cremona, non lontano egli pure trasferì il suo campo, nè molto andò, che i generali del Duca, fingendo di volerlo attaccare per terra, fecero discendere per acqua i lor galeoni, certo minori in numero dei Veneziani, ma più potenti; perchè pieni del fior della milizia di terra, che col favore della notte vi si era fatta imbarcare. Il Trevisan non s’accorse della forza nemica se non quando le fu quasi a fronte. Spedì tosto messi al Carmagnola per informarlo del vicino pericolo, per eccitarlo ad accostarsi rive del Pò, e così porsi in istato di dargli pronti soccorsi; ma quegli rispose, che potendo egli stesso venir attaccato, non dovea compromettere il suo esercito coll’indebolirlo.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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