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      Ancora della vecchia scuola, non avea acquistato la sveltezza ed il far decisivo e soldatesco dell’uomo d’arme; quando veniva dalla sua abitazione al consolato, impiegava per questa passeggiata, che un europeo senza troppo affrettarsi farebbe forse in cinque minuti, almeno venti minuti. Attorniato da una folla di servi e di aiutanti, dei quali uno portava il cibuc, l’altro il narghileh, il terzo la borsa del tabacco, ecc., procedeva solennemente con inimitabile lentezza e grandezza.
      Del resto neanche noi, quando ci recavamo dai consoli europei, potevamo evitare del tutto questo passo da funerale. I cavassi, o guardie italiane, che ci precedevano e ci seguivano, accostumati ad andare adagio, non sanno cambiar metro: non sarebbe «dignitoso» se si andasse in fretta; parrebbe come se si avessero affari, come se si volesse lavorare. In Turchia un uomo che si rispetta non deve lavorare, nè avere affari da sbrigare. La massima che il lavorare è una vergogna ha sempre colà lo stesso valore. Un paragrafo che, secondo il vecchio testamento, comprende in sè uno dei più severi castighi: guadagnerete il vostro pane col sudore della vostra fronte, ha anche oggi in Oriente tutta la sua importanza; lavorare ed essere punito sono anche al giorno d’oggi sinonimi tra i popoli orientali.
      I primi giorni andarono naturalmente perduti in dimostrazioni reciproche di onoranza, le quali però non possono neppure evitarsi, poichè alle visite segue la restituzione delle visite, e siccome durante queste cerimonie si usa inevitabilmente di bere il caffè e sorbire delle limonate o dei sorbetti, questo viavai, per quanto sia piccolo il numero delle case da visitarsi, dura sempre alcuni giorni, giacchè, per comparire cortese, le visite debbono essere lunghissime.


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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano
1913 pagine 310

   





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