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      Ciò si verificò in modo tipico agli inizi del movimento fascista. I primi nuclei fascisti non si può dire che si muovessero per esclusivo interesse o suggestione di classe, e neppure erano composti da soli borghesi. Erano gruppi di spostati, di allucinati, di idealisti (di criminali anche), in preda a un delirio patriottardo e romantico. Solo piú tardi essi diverranno strumento della reazione agrario-plutocratica. I materialisti storici (o presunti tali...), abituati a commerciare con l’uomo-tipo, il processo storico-tipo, le cause prime e le grandi onde del moto storico; accostumati a considerare le idee come travestimenti degli interessi e rapporti di classi, non si resero conto della forza autonoma e potentissima che la passione, bella o brutta che fosse, destava negli animi dei loro rivali. Non intesero che nell’urto non è tanto il grado di consapevolezza critica che conta, quanto la spontaneità, la forza viva, la interna persuasione, lo spirito attivo di lotta e di sacrificio. Cosí avvenne che mentre da un lato si potenziava sino all’inverosimile la forza esplosiva del movimento fascista, dall’altro prevaleva nei dirigenti una mera capacità critica. Tra i lottatori e gli storici la partita non fu dubbia: vinsero i primi.
      In conclusione, l’affidarsi che i socialisti fanno alla bussola storico-materialista è una ingenua illusione e una contraddizione. Illusione, perché con essa, nella migliore delle ipotesi, si potrà tracciare una generalissima linea di sviluppo avente riguardo alla vita non di una ma di molte generazioni; e sempre la si dovrà accompagnare da fortissime riserve, non fosse altro perché nessuno è in grado di stabilire quali saranno i futuri sviluppi della tecnica, e quindi i caratteri del «sistema produttivo». Ogni previsione che noi faremo, essendo una mera proiezione nel futuro delle condizioni attuali, che certamente si modificheranno, è errata.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184