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      Di quattordici però non risiedevano che dodici, perchè due venivano sempre impiegati nelle preture della città di Pavia e di Cremona. A questo illustre corpo si univano sei segretarj e nove portieri, vestiti di divisa color violetto cupo e portanti collane d'oro al collo nelle pubbliche comparse. Giova inoltre sapere, per coloro almeno che pel momento non hanno cosa di maggior importanza da imparare, che i senatori cambiarono due volte il vestito, perchè sotto i duchi e i re di Francia portavano berretta o giubbone colle divise bianco-rosse; e al tempo del dominio spagnuolo assunsero le toghe foderate, in tempo d'inverno, colle pelli di zibellino (ponticus mus), come lo chiama il Garoni, il qual zibellino distingueva i senatori dagli altri magistrati togati, onde è probabile che i più vanitosi dovessero nutrire una certa avversione per l'estate.
      E come l'eccellentissimo Senato cambiò titolo, numero, ingredienti, vestito, più d'una volta, medesimamente dovette cangiare spesso il luogo delle sue adunanze; onde sotto il primo duca probabilmente, e, di certo, sotto l'ultimo, si radunava in porta Vercellina presso la parrocchia di san Protaso al Foro; poi, sotto i re di Francia, nella casa pure in porta Vercellina assegnata al gran cancelliere: infine si traslocò in una parte del medesimo reale palazzo.
      Ed è in questo luogo che noi adesso dobbiamo recarci. Un'ora dopo mezzogiorno del primo giovedì del mese di giugno, il presidente e i senatori intervenuti, che in quel giorno erano in numero di otto (non era necessario che tutti quanti intervenissero), dopo avere ascoltato la santa messa nella cappella del palazzo medesimo, come voleva la consuetudine, entrarono nella gran sala, che nel 1750 si denominava ancora delle udienze, perchè sotto i duchi e i re di Francia vi si tenevano infatti le udienze pubbliche; entrarono e si posero a sedere intorno ad una gran tavola con tappeto verde; i senatori si assisero quattro per parte, nelle cattedre che si chiamavano ancora de' padri coscritti; il presidente nella più rilevata cattedra posta in capo alla tavola.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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