Mosse innanzi tutto al palcoscenico a salutare i suoi amici e a dare una stretta di mano a monsieur Lefévre, già vestito in abito pontificale; poi spinse, attraverso al pertugio del telone, un'occhiata su quel cupo maremagno della platea muggente; poi, quando vide che i professori d'orchestra erano tutti ai loro stalli, e che l'esimio signor Luigi De Baillou, primo violino per l'opera, ultimo era entrato a metter piede sull'alto suo seggio, e stava dando la pece greca all'archetto, in dignitosa posa e con burbero ciglio, ombreggiato dal cappellone con coccarda e con fibbia d'acciaio lucente, in cui faceva il guizzasole la luce della ribalta; discese anch'egli in orchestra, e si mise a sedere fra due contrabbassi suoi amici, sotto alla cui protezione aveva l'abitudine di godersi lo spettacolo degli spettatori, più che quello del palco scenico.
Stando così fra que' due amici, porgendo l'orecchio attento al vasto frastuono che faceva il pubblico, sentiva da molti punti spiccarsi netto il suono di varie parole, che servivano quasi ad indicar l'argomento dei molteplici discorsi che si facevano. Bonaparte - Alvinzi - Caldiero - Arcole - Tedeschi - Pio VI - Mantova - Tolentino - Arciprete Besozzo - Repubblica Romana - Francesco - Arciduca Carlo - Aristocratici - Morte - Inferno - Papa - Capitale del mondo - le quali parole, prese così al volo da un uomo di garbo, e cucite insieme con della frangia, potevano bastare a fare il riassunto dello stato delle cose in Italia in quel momento.
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