Il cav. Lamberti ne aveva stesa l'illustrazione, che, stampata in una splendida edizione italo-francese e filettata in oro e rilegata in raso e velluto, passava a migliaja di esemplari per le mani degli intervenuti. Allora quell'illustrazione del letterato, professore, bibliotecario, cavaliere e cortigiano parve degna dell'opera pittorica; oggi fa compassione a leggerla, tanto dal linguaggio convenzionale e dalle frasi adulatorie e dalle generalità estetiche trapela l'ignoranza di chi parla d'arte senza averne la cognizione. Ugo Foscolo in abito nero civile, col cappello piumato sotto il braccio, e spada coll'elsa d'acciajo, confuso tra i moltissimi, guardava i dipinti e leggeva l'illustrazione e parlava sommesso al cavaliere Brunetti e all'avvocato Marliani. Ma la sua voce era di quella tempra leonina, sonora e profonda, che le sue parole non si fermavano all'orecchio degli amici a cui le volgeva in confidenza; tanto che i Creonti ne approfittarono per riferirne il sunto al medesimo cavaliere Lamberti, che insieme col cavaliere Vincenzo Monti stava in un angolo di quella sala stessa.
- Lascia gracchiare Nicoletto, disse allora Monti a Lamberti, il quale si scontorceva per le parole sprezzanti di Foscolo che gli erano state riportate. Ben io scuoterò la polvere de' suoi Sepolcri a suo tempo, e vedrete che quella fama ch'egli s'ebbe per me, per me dileguerà.
- Anche senza che voi scuotiate quella polvere, il vento la porterà seco. Or finalmente venite tutti nel mio parere, non essere costui che un gran ciarlatano, e non essere poeta chi ha potuto dettare quell'intralciato e indigesto e fumoso carme dei Sepolcri.
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