32.° L’uomo di specie nobile, in gioventù, crede che le relazioni essenziali e decisive, che creano veri legami tra gli uomini, sieno quelle di natura ideale, vale a dire quelle fondate sulla conformità del carattere, della piega dello spirito, del gusto, dell’intelligenza, ecc.; ma si avvede più tardi che sono invece le reali, cioè quelle che sono stabilite su qualche interesse materiale. Sono esse che formano la base di tutti i rapporti, e la maggioranza degli uomini ignora che ve ne sieno d’altra specie. Per conseguenza ciascuno è scelto in ragione del suo ufficio, della sua professione, del suo paese o della sua famiglia, in generale dunque secondo la posizione e la parte attribuitagli dalla convenzione; si è con tale concetto che viene scompartita e classificata, come articoli di fabbrica, la gente. Invece ciò che un individuo è in sè e per sè, come uomo, in virtù delle qualità sue, non è preso in considerazione se non a piacimento, per eccezione; ciascuno mette queste cose da un lato non appena gli convien meglio, e le dimentica. Quanto più un uomo avrà un valore personale, tanto meno potrà convenirgli una tale classificazione; cercherà quindi di sottrarvisi. Osserviamo tuttavia che tale maniera di trattare è fondata sul fatto che nel mondo, in cui regnano la miseria e l’indigenza, i mezzi che servono a tenerle lontane sono la cosa essenziale e necessariamente predominante.
33.° Come la carta monetata circola sul mercato in luogo del danaro, così invece della stima e dell’amicizia genuine sono la loro dimostrazione esterna ed il loro atteggiamento imitati quanto più naturalmente è possibile, che hanno corso nel mondo.
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