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      Mentre Innocenzo III dilatava la sua influenza sulle città libere, non trascurava i maggiori vantaggi che poteva ottenere nelle due Sicilie, quasi affatto abbandonate a se medesime. Costanza aveva, morendo, lasciata al papa la tutela di suo figlio, e poc'anni dopo, avendo le truppe ai servigi d'Innocenzo battuto un generale tedesco332, l'accorto pontefice diede pubblicità ad un testamento d'Enrico VI, che riconosceva tutti i diritti della santa sede sul regno di Napoli e poneva il giovinetto Federico sotto la sua protezione. Innocenzo conosceva tutto il profitto che gli dava la tutela di quel principe che voleva spogliare. Quando Costanza era ancora viva, egli non aveva accordata a lei ed al figlio l'investitura della corona di Sicilia, che dopo averli privati di molte prerogative annesse alla medesima. In forza del trattato di pace stipulato tra Guglielmo I ed Adriano333 IV, i beneficj ecclesiastici del regno non potevano conferirsi dalla corte di Roma senza l'approvazione del sovrano. Innocenzo rese illusoria tale riserva, togliendo al nuovo re il diritto di rifiutare l'approvazione che gli sarebbe chiesta334. Dopo ciò diede principio alla tutela del pupillo unitamente agli arcivescovi di Capoa, di Palermo, di Monreale, ed al vescovo di Troja, amministratori del regno, dirigendo tutte le loro operazioni colle lettere che scriveva ogni giorno. Il generale delle truppe tedesche Marcovaldo, grande siniscalco d'Enrico VI, era rientrato nel regno quando ebbe avviso della morte di Costanza, sostenendo egli solo apertamente il partito ghibellino contro il papa335. Coll'ajuto de' Saraceni di Sicilia e de' baroni malcontenti della corte di Roma, aveva messo insieme un potente partito, che poteva tenere inquieto il pontefice; il quale, malgrado l'orgoglio con cui comandava ai Siciliani, aveva poche forze ai suoi ordini.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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