Difatti i cardinali ed i preti corsero spaventati a trovare Clemente, che stava allora pregando. «Non temete, rispose loro, che tutti questi sforzi saranno dispersi come il fumo.» Indi si recò sulle mura di dove osservò Corradino e Federico d'Austria che facevano sfilare in parata la cavalleria. «Queste, disse ai cardinali, sono vittime che si lasciano condurre al sagrificio318.»
Corradino fu in Roma ricevuto dal senatore Enrico di Castiglia colla pompa riservata ai soli imperatori. Il senatore aveva presso di lui adunati ottocento cavalieri spagnuoli, molti uomini d'armi tedeschi, e signori ghibellini, che avevano militato sotto Manfredi e sotto Federico. Dopo essersi trattenuto pochi giorni in Roma per dar riposo all'armata, ed appropriarsi i tesori del clero nascosti nelle chiese, Corradino partì il 18 agosto alla testa di cinque mila uomini d'armi alla volta del regno di Napoli.
Le strade del regno dalla banda della Campagna e di Ceperano trovandosi ben fortificate e guarnite di truppe, Corradino risolse di prendere il cammino degli Abruzzi. Passando sotto Tivoli, attraversò la valle di Celle, e scese nella pianura di san Valentino o Tagliacozzo319. Informato il re Carlo della strada tenuta da Corradino levò l'assedio di Luceria, ed avanzandosi a grandi giornate, passò la città dell'Aquila, e si fece incontro al suo rivale nella stessa pianura di Tagliacozzo. Non aveva Carlo più di tre mila cavalieri da opporre ai cinque mila di Corradino; ma un vecchio barone francese, Alardo di San Valerì, che tornava allora di Terra santa, gli suggerì un pericoloso, e fors'anco crudele stratagemma, che compensò l'inferiorità del numero.
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