La carretta andava a sbalzi, volava sul terreno gelato; ma il rumore degli inseguenti diventava sempre pili distinto. Le donne lo intesero, e volsero indietro uno sguardo atterrito; esse videro un gruppo d’uomini a cavallo che spiccavano sul cielo rosseggiante alla prima luce dell’alba.
Eccoli sopra una collina più prossima, e già pare che abbiano visto il carro da lungi per la tela bianca di cui è ricoperto. Brutali grida di vittoria sono portate dal vento ai fuggitivi.
Elisa si sente venir meno nello stringersi al petto il fanciullo; la vecchia prega e singhiozza; Giorgio e Gim afferrano convulsamente le loro pistole.
Già i persecutori venivano guadagnando terreno; ma la carretta, facendo una brusca svolta, condusse i fuggiaschi presso una catena di rupi scoscese che, mole smisurata e informe, sorgevano in mezzo alla pianura. Quell’ammasso isolato prometteva un nascondiglio sicuro.
Finea conosceva abbastanza bene il luogo per averlo più volte esplorato nei tempi in cui andava a caccia, e appunto per giungere colà aveva forzato i cavalli a quella corsa precipitosa.
— Ci siamo, — disse fermando i cavalli e balzando a terra. — Suvvia, lesti! Scendete e venite meco su quelle rupi. Michele, lega il tuo puledro alla carretta, va’ da Amariah, e digli che corra co’ figli per dire quattro parole a que’ furfanti. —
In un batter d’occhio la carretta rimase vuota.
— Orsù, — disse Finea, recandosi in collo Enrichetto — ciascuno di voi prenda cura d’una delle donne, e raccomandatevi alle vostre gambe, se vi è cara la libertà. —
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Giorgio Gim Amariah Finea Enrichetto
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