Si poteva sentire la penna di qualcuno che s'impuntava sulla carta, o il piede di cimossa di un sottocapo in giro a origliare e a guardare attraverso i pertugi, o la respirazione di un recluso al di là della parete, male adagiato. Lo starnuto di Lazzari, fatto a bella posta per ricordarci che eravamo vivi, ci faceva trasalire o sussultare come quando si sentono sulle spalle le mani degli sconosciuti che vi dichiarano in arresto in nome della legge.
Si lavorava immersi nel lavoro. Chiesi a mettere in iscena i suoi ballabili, don Davide a scrivere una epistola dopo l'altra per vivere di ricordi e riallacciare i legami col mondo che lo conosceva, Lazzari a riprodurre il momento storico dei tre lavoratori con un disegno grandioso che toccava e ritoccava ogni sera senza dirlo mai finito, Ghiglione a illustrare le parole di un dizionario tedesco con l'idea froebeliana che chi legge Himmel accanto a una chiazza di cielo e Frau dinanzi a una testa di fanciulla, impara una lingua e vapore e non la dimentica più mai.
- Come farai, gli domandavo, a illustrare ich habe kein Geld?
- In un modo semplice. Mettendo tra le parole un individuo che si fruga svogliatamente nelle tasche.
- Ma il tuo dizionario diventerà una montagna!
Federici allargava la zona dei suoi studi nella letteratura di altre lingue, in manica di camicia, senza mai smettere, senza mai aprire bocca, come se fosse stato obbligato dal regolamento carcerario a divorarsi un dato numero di pagine, e Giovanni Suzzani si sprofondava nei romanzi dell'editore Aliprandi, scoppiando talvolta in risate così plateali e così rumorose che costringevano il secondino di guardia a buttare per il buco un ordine imperioso:
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