Non contenti di queste prepotenze, presto si misero sul truffare e sull'insidiare. Sitibondi d'oro, fabbricavano larve di congiure, e assoldavano sicarī e spie per ripescare multe e confische. Fra gli iniqui fatti, fu iniquissimo il sequestro di molti arredi militari, appartenenti al cessato Governo Provvisorio, di cui gią il Municipio aveva dato nota al Comandante austriaco, e che nondimeno gli valsero pretesto per taglieggiare la cittą d'un mezzo milione di lire. Ma le minacce, le angherie e le estorsioni non piegavano gli animi invitti e fissi nell'avvenire: lusinghe e terrori non valsero a fare che la Congregazione Provinciale mandasse a Vienna, come ne aveva comando, a promettere fedeltą e ad invocare perdono al nuovo imperatore d'Austria, Francesco Giuseppe. L'avvocato Saleri, probo e venerando vecchio, e dopo di lui il Sangervasio, eletti, non senza recondito consiglio, a curvarsi sotto quelle forche caudine, rifiutarono con risoluta fierezza: e la plebe, vedendo uomini cresciuti nella mollezza degli agi e degli studi sfidare l'esilio e il gibetto, imparava come si dovesse amare la patria, e come fosse onorevole e desiderabile di patire per essa.
Quelle enormezze soffriva Brescia con fiera dignitą, senza infingersi, ma senza correre a precipitosi consigli. Per lo che gli Austriaci, dopo avere indarno usato le blandizie e le provocazioni, querelavansi nei loro bandi, che tutta la popolazione bresciana si mostrasse incocciata nelle tristizie liberali. Ma i Bresciani lasciavano strepitare i generali Haynau e d'Appel, e attendevano a riaversi dallo sbalordimento, e a raccogliere in una muta e generale congiura tutte le forze della provincia.
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