Se lo spirito non fosse anche infinito, egli non sentirebbe la necessità di obiettivarsi cioè di trasferirsi dal soggetto nell'obbietto. Lo spirito fa, per così dire, questo trasferimento, perchè oltre all'essere subbietto è ancora ragione universale.
L'animale, il quale è soltanto subbietto, può bensì col processo pratico servirsi degli oggetti naturali, ma egli non può improntare in essi quel carattere di universalità per lo quale le cose diventano proprietà, perchè esso non è una persona, esso non è ragione. Ora la proprietà è l'estendere la nostra personalità alle cose: l'io trasferito alla cosa la fa diventare mia; ma questa estensione e questo trasferimento sono possibili soltanto colà ove l'io e la cosa son compresi entrambi sotto un termine comune, quale è la volontà libera.
L'idea della proprietà discende adunque dal concetto di persona e dalla necessità che ha questa di rendersi concreta, mediante l'essere determinato e particolare della natura. Tutte le spiegazioni che si sono date dalla più parte dei giuristi sull'origine della proprietà hanno avuto di mira la sua origine storica, il quando ed il come la proprietà sia cominciata, non già la sua origine logica, cioè il perchè essa sia cominciata. Si è chiesto se l'occupazione primitiva, o il lavoro, o un patto posteriore abbia sanzionato la prima volta il diritto di proprietà, senza badare che tutte queste esterne significazioni presuppongono il dritto medesimo di proprietà; e che un animale il quale occupi un luogo e che anche vi lavori, non per questo si dirà mai esserne il proprietario.
| |
|