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I Cacciatori del Gran Sasso crebbero di numero e compirono il loro assetto in marcia, attraversando la provincia. Ordinati in quattro compagnie comandate da liberali militarizzati, tra cui Savino (19) figlio di Antonio Tripoti, e da militari di professione, come ho accennato, il battaglione aveva due cannoni presi a Pescara serviti da artiglieri di mestiere, un servizio di guide e di esploratori fatto da gendarmi a cavallo disertati dall'esercito borbonico, un distintissimo ufficiale di stato maggiore — il capitano Mayer, se ben ricordo, e una banda musicale, volontaria anch'essa — accorsa da uno dei paesi attraversati ad arrrolarsi.
I Cacciatori del Gran Sasso furono costretti a tener guarnigione, dirò così, tra Castel di Sangro e Rionero, senza mai posa né tregua, perché tutti i giorni era un correre di qua e di la, dove la relazione perpetrava violenza o dove uno stuolo di reazionari appariva per.... sparire all'avvicinarsi dei volontari. Fatiche improbe e ingloriose, ma indubbiamente utili perché contribuirono a tenere in iscacco e spesso a reprimere le audacie reazionarie. Un giorno una forte colonna reazionaria apparve nella vallata che si distende sulla sinistra di Rionero. Il battaglione era arrivato la mattina da Castel di Sangro. Nelle ore del pomeriggio fu chiamato improvvisamente a raccolta. L'attacco pareva imminente. Tutto il battaglione prese posizione sulla spianata che domina la valle. I cannoni aprirono il fuoco. Parecchie granate furono lanciate. La colonna nemica fu vista indietreggiare e poi sparire col calar della sera; ma il battaglione rimase nella posizione fino al mattino seguente, e tutta notte fu un correre continuo degli esploratori e del capitano Mayer perlustranti le vie per prevenire sorprese. Pareva probabile che sempre una colonna di reazionari si avanzava dalla vallata, altre più forti venissero da Isernia per chiudere il battaglione tra due fuochi e distruggerlo. (19) Savino Tripoti (1840-1882) Nacque in Francia durante l'esilio del padre Antonio, e si affiliò giovanissimo alla Giovane Italia; per sfuggire all'arresto andò prima a Genova, quindi raggiunse il padre a Barcellona. Nel 1859, mentre studiava in un collegio di Parigi, fuggì per arruolarsi nei Cacciatori delle Alpi comandati da Garibaldi, partecipando alla campagna contro l'Austria con il grado di sergente. Quando in Abruzzo montava l'insurrezione, venne inviato ad organizzare il Partito d'Azione. Nella vita civile fu nominato ricevitore generale del lotto a Napoli; successivamente emigrò in Argentina e Brasile. Morì a Napoli. (Cfr. Garibaldini in Abruzzo..., op. cit. p. 147-148). |