Dario Peruzy
Ricordanze patriottiche


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     E questa sarebbe stata certo quanto prima la sorte dei Cacciatori del Gran Sasso, se non fossero sopraggiunte le truppe di Cialdini (20) a sconfiggere i seimila soldati borbonici e i contadini riuniti ad Isernia dal generale Scotti. Sul cadavere di un furiere borbonico ucciso nella battaglia fu trovata una lettera. Il povero giovane l'aveva preparata per la madre sua, alla quale annunciava alla vigilia con fede ed entusiasmo il combattimento dell'indomani, nel quale sperava di annientare i garibaldini. Il generale Scotti avanzava da Isernia verso il Macerone per marciare su Rionero, quando le sue truppe s'imbatterono con i bersaglieri che alla divisa snella e allo svolazzar delle penne dei cappelli credettero garibaldini e affrontarono con l'illusione di sgominarli.

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     I Cacciatori del Gran Sasso erano in quel giorno alla retroguardia del Corpo del generale Cialdini; e quella — mi raccontava un di loro — delle molte e disagiate marcie compiute fu la più penosa. Da Rionero ad Isernia sono dodici o tredici miglia e la strada buona, quantunque faticosa la salita del Macerone. Il battaglione, partito alle 7 o 8 del mattino del 20 settembre, giungeva a Isernia attraverso agli accampamenti piemontesi verso la mezzanotte. Il supplizio di una marcia così noiosa gli era reso più grave dal dispiacere di non aver potuto aver parte alla battaglia e alla vittoria di cui udiva e vedeva i segni. I Cacciatori del Gran Sasso si trovavano a La Vandea, appiè del Macerone, quando tuonavano gli ultimi colpi di cannone e i borbonici sconfitti si disperdevano tra i monti. Poco dopo videro passare in una carrozzella il generale borbonico Scotti-Douglas prigioniero, accompagnato da un ufficiale piemontese che lo scortava al quartiere generale del Re...

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(20) Enrico Cialdini (1811-1892) Studente di medicina, nel 1831, coinvolto nei moti della Romagna, andò esule in Francia e in Portogallo. Nella prima guerra d'indipendenza partecipò con il grado di generale alla guerra di Crimea. Nel 1860 fu promosso Generale d'armata. L'anno successivo fu inviato a Napoli, investito di poteri eccezionali per la lotta al brigantaggio. Fu deputato del primo parlamento italiano e senatore dal 1864. Fu anche ambasciatore in Spagna e Francia.