Giuseppe Savini
Ricordi della vita di Bernardo Savini


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     Ed intorno a questo tempo, che fu uno dei periodi più attivi della sua vita scientifica, cioè verso il suo cinquantesimo anno, Bernardo imprese a scrivere una specie di diario storico dei suoi tempi. Era una narrazione dei fatti notevoli, soprattutto di quelli che avvenivano nella sua patria, che doveva essere scritta giorno per giorno, ma che invece fu fatta a larghi intervalli, sebbene continuata per quattro anni. Però non abituato a scrivere fin dalla prima gioventù, non seppe dare al suo stile la mirabile chiarezza della sua mente. Furono periodi duri, slegati, contorti, oscuri e pedestri, senza che né la narrazione e neppure la osservazione avessero nulla di superiore. Insomma tra lo scritto e l'ingegno di Bernardo non vi fu mai alcuna corrispondenza, e per quanto fosse felice, acuto ed originale pensatore, restò sempre un men che mediocre scrittore. Eppure di quelle sue memorie egli si compiaceva anche dopo molti anni da che le aveva abbandonate, e più volte eccitò me a riprenderle ed a continuarle.
     Oltre dagli studi Bernardo traeva molto conforto dall'amicizia; giacché se ebbe pochi amici li ebbe però scelti e sicuri, e con questi visse in comunanza di affetti per tutta la sua vita, senza esservi tra loro mai un momento solo di disturbo. Perché, oltre la straordinaria eguaglianza di carattere e di timori, egli ebbe grande pazienza e tolleranza, avendo molto osservato nel Thiers quel che questi narra di Napoleone I, il quale, perché aveva trattato moltissime persone, aveva imparato non potersi vivere in società senza molta tolleranza dei difetti altrui. Ma il più intimo degli amici suoi fu senza dubbio il mio santissimo avo materno Francesco Rozzi, di cui quattro anni fa io m'ingegnai di narrar la vita e le rarissime virtù.