Stonavo assai, l'orecchio lo capiva, ma le dita erano incapaci a render netto il suono: arriva Laboccetta e mi consegna varie busse, ingiungendomi di rientrare subito in camerata; ma la gioia di avere avuto fra le mani un violoncello mi fece accogliere la poca urbanità di lui con un sorriso infantile, che commosse il Laboccetta, il quale mi insegnò come dovevo eseguire la scala. Ed io, imbaldanzito, gli feci accettare in segreto l'offerta di cedergli per 15 giorni il terzo piatto, se mi avesse dato delle lezioni. Stretto il patto, con le stesse precauzioni me ne tornai in camerata". E continua narrando che dovendo la sua camerata dare alla fine del mese un concerto per far udire a Mercadante la sinfonia della Semiramide di Rossini e non trovandosi alcuno de' suoi compagni che potesse eseguire la parte riservata al violoncello, Egli che aveva ricevute otto sole lezioni dal Laboccetta, si offrì, e tra lo stupore e la sorpresa prima e la gioia poi, rumorosamente manifestata, di quei buoni e cari ragazzi, si sottopose ad una prova d'insieme e tutti furono contenti di lui. E segue:
“Mercadante arrivò, ed io che lo temevo, pregai il mio compagno Laino di mettermi lontano da lui, perché Mercadante, che già incominciava a vederci poco, stando vicino al direttore, non mi avrebbe scorto. Ma la sinfonia era cominciata da poche battute, quando Mercadante disse: chi è quel ragazzo con tanti capelli sulla fronte, che si dimena molto? Laino gli disse: 'E' Braga'. 'Sei matto; Braga canta'. 'Ebbene, Direttore, assicuratevene voi stesso'. Infatti dietro di me, Egli seguì tutta la mia parte. Finita la sinfonia, mi prese per il ciuffo de' capelli, mi baciò forte e subito fece chiamare Nicola Cagliano, nostro fabbricante di strumenti a corde, e gli comandò un violoncello adatto alla mia statura, e che con commozione rividi in S. Pietro a Majella nel museo con la scritta del mio nome. Mi raccomandò al prof. Ciaudelli, dicendogli che gli affidava un ragazzo, che più tardi lo avrebbe onorato. Allora io mi accesi di passione per il violoncello e dissi fra me: Chissà che il violoncello non mi faccia aiutare la mia povera famiglia! E così fu: studiai sette ore al giorno, e in due anni, era già esperto quanto il mio maestro, per il quale nutro vivissima gratitudine, perché egli si occupò di me come un padre affettuoso, amorevole. Il Ciaudelli fu eccellente artista, degno continuatore della Scuola di Vincenzo Ferri, dalla quale uscirono valentissimi Professori”.
|