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“Povero Rovani! Spesso l'ho visto piangere. Una sera che si dava un banchetto in onore di Paolo Ferrari, senza dirne le ragioni, si gittò piangendo dirottamente tra le braccia del suo amico Eugenio Torelli-Viollier. Quante e quante volte, tra il riso e l'asprezza, udii da lui profonde parole di dolore! Egli sovente si lagnava con gli amici di non avere un posto degno del suo ingegno! Nella sua conversazione era sempre estremamente passionato nel bene e nel male; così quando parlava de' suoi preferiti autori — Manzoni, Rossini, Bellini, Donizetti, il suo entusiasmo si elevava a grandi altezze e toccava il culmine, ma quando un autore non gli piaceva, senza misericordia lo precipitava giù. Povero Rovani!".
Tornato a Parigi, dopo una breve sosta a Torino, incorse in una grave malattia. Un giorno, volendo fare i quotidiani esercizii sul violoncello, come di consueto, non poté muovere le mani; tutta la parte destra del corpo era paralizzata e solo con difficoltà poteva pronunziare qualche parola. Fu curato, dapprima da Trousseau, ma con poco successo, e poscia dal giovine dottor Fouvel: costui capì subito che trattavasi di malattia nervosa, e prescrisse, senza perdita di tempo, l'aria di campagna, accompagnandolo egli stesso ad Enghien. (17) (17) Purtroppo, fu il primo accenno di quella malattia, che doveva poi condurlo alla tomba! |