“La Principessa Matilde aveva due giorni distinti della settimana: la domenica per ricevere alti personaggi, diplomatici, senatori, deputati, banchieri e ricche famiglie di Francia e dell'estero, e il mercoledì per ricevere i primi letterati, romanzieri ed artisti sommi. Durante la Repubblica conservò le stesse abitudini seguite durante l'impero; e tutti, sapendo che colà non si faceva politica, andavano con piacere per trascorrervi una serata deliziosa. La Principessa riceveva davvero regalmente. Con me fu sempre indulgente tutte le volte che oltrepassai i limiti di uomo educato. Una mattina ricevetti un biglietto della Principessa, che mi pregava di passare da lei verso le 11: andai. Ella mi fece sedere vicino a lei e con una grande gentilezza mi dice: 'Caro Braga, sappiate che mia nipote, la Duchessa di Aosta, questa sera verrà da me a pranzo, ed essendo una vostra ammiratrice, vuole sentirvi suonare il violoncello, e subito dopo pranzo vuol farmi sentire la sua voce accompagnata da voi al piano. Alle sette e mezza, con le vostre decorazioni, pranzerete con noi.
Ci sarà suo fratello il Principe Luigi, l'ambasciatore Ressman, due amici miei, la mia dama d'onore, la Baronessa di Galbois, la sua dama e il suo Cavalier di onore. Io però voglio riceverla con la etichetta di Corte, e quando entrerà, farete ala e v'inchinerete, e per questa sera, mio buon Braga, vi prego di avere a tavola un contegno più serio dell'ordinario. Con me, che conosco il vostro carattere, potete scherzare sempre, ma mi dispiacerebbe che mia nipote avesse di voi un cattivo concetto'. 'Principessa', le risposi, 'non dubitate, farò attenzione e credetemi che quando voglio, so stare tra i signori'. Alle otto meno un quarto la Duchessa di Aosta arrivò; fu ricevuta come sua Zia aveva disposto; la trovai bellissima e con un portamento davvero regale! Aveva una veste di raso nero con una trentina di bottoni di diamanti, che dalla sinistra del petto scendevano, serrando il suo corpo, sino sul fianco destro: portava in testa un diadema anche di brillanti; sicché, quando mi passò innanzi, avevo una voglia matta di dirle: 'Quanto sei bella!' Ci mettemmo a tavola: la Principessa, temendo qualche mia scappata, mi fece sedere tra la sua Dama di onore e la nostra compatriota Contessa Colli di Felizzano, Dama di sua nipote. Io, muto, chinato con la testa sul piatto, silenziosamente mangiavo con una figura gravissima.
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