Vincenzo Bindi
Gaetano Braga da' ricordi della sua vita


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     Nel luglio dello stesso anno si esercitava ancora quotidianamente col violoncello, e mentre, dopo la morte della madre, nel 1885, aveva fatto proponimento di non tornare più a Giulianova, ardentemente desidera di rivedere l'amata Città nativa, i parenti, gli amici della prima infanzia; ne rimpiange la lontananza, affermando che nulla valse e cambiare la sua natura semplice abruzzese, perché se il suo cuore, per la tarda età, batte lentamente, in certi momenti questi battiti rassomigliano a quelli veementi della sua fanciullezza, e sente che l'eleganza, il lusso, la mollezza, le stesse ricchezze, ora che la parabola è compiuta, non hanno nessun' attrattiva e nessun valore per lui. “Io”, dice, “son rimasto sempre lo stesso Abruzzese, che altro non ama che finire i suoi giorni così come essi cominciarono, a Giulianova!”. Se non che, appena due mesi dopo scritte queste parole, nella Villa presso Menaggio del Senatore Vigoni, che amava Braga come un fratello e che lo aveva ospite graditissimo, la sera del 6 settembre 1903, fu colpito da sincope, che gli paralizzò completamente le gambe e il braccio destro.
     Accorse subito da Giulianova l'adorato nipote Gaetano, che amorosamente e con filiale affetto rimase presso lo zio, vegliando notte e giorno; i Vigoni lo vollero nel primo tempo a casa loro, prodigandogli le più affettuose ed amorevoli cure; ma, insistendo Egli per tornare a Milano, dove la vecchia e fedele cameriera Rosa ansiosamente lo aspettava, fu con ogni più delicata cautela accompagnato a casa sua e subito ricoverato nell'ospedale dei Fate bene Fratelli, dove entrò nell'Ottobre e dove rimase durante dieci mesi. Da quei buoni Padri ebbe tutti i soccorsi, che il doloroso caso e la illustre persona richiedevano: Braga li ricorda con vera emozione nelle sue Memorie e con vivissimi sentimenti di affetto, e quando ne uscì, in attestato di gratitudine, compose una litania, che donò all'Ospedale. E così, in uno stato precario e mai guarito, visse ancora tre anni. Quello che egli ha lasciato scritto, con l'opera di un bravo giovane, Italo Ronchetti, che gli faceva da segretario, delle sue sofferenze e della sua vita in questo tempo, non si può leggere senza lagrimare!