Ammettendo la combustione dei morti, e per conseguenza resa ufficiale ed universalmente obbligatoria che più rammentare allora ai posteri studiosi le tombe dei sommi uomini della nostra Italia di un tempo, come Dante, Tasso, Ariosto, Petrarca, Virgilio, Cicerone, Sallustio, Terenzio, Lucano, Giovenale, Livio, Claudiano, Tacito, Ovidio, Colombo, Michelangelo Buonarroti, Raffaele Sanzio, Galileo ed altri ancora che qui non ricordiamo per brevità?
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Finora abbiamo parlato della storia antica; parliamo ora della storia moderna, anzi recentissima. Chi non sa i mesti pellegrinaggi che ogni anno si fanno dai ferventi ammiratori alla tomba del Mazzini, allo scoglio di Caprera, per rimirare la casa dove visse e morì Giuseppe Garibaldi, ai venerati ossarii formati cogli avanzi dei disgraziati, ma gloriosi soldati, caduti morti per la nazionale indipendenza, come quelli del Gianicolo, di Solferino, di Novara, di Curtatone, di Custoza e di S. Martino? (6) Ed i poveri nostri soldati di Dogali, di Amba-Alagi e di Adua, che andarono in Africa, e quei pochi, che tornarono in patria a morire nelle braccia dei loro cari, se i loro avanzi fossero stati dai moderni cremazionisti, dopo essere stato il ludibrio dei selvaggi, bruciati nei forni, diteci non imprecherebbero forse per il nuovo martirio? (7)
Ma giacché dai moderni si vuole per forza, ed a qualunque costo la cremazione, ripetiamo dunque a che più rammentare alla gioventù patriota e studiosa le tombe dei poveri delusi.... con le camicie rosse caduti a Palermo, a Napoli, a Milano, a Montelibretto, a Mentana, ed in tanti altri luoghi (8) dei quali oggi le memorie sono state messe da tutti nell'oblio, per la decadenza morale e civile, e per una impetuosa bufera di malvage passioni umane?
* * *
(6)
Un mio fratello, trovandosi soldato alle grandi manovre; osservò un giorno sulle altezze di S. Martino il grandioso
ossario fatto costruire espressamente dal Governo, per raccogliere in un lutto pietoso tutti i miseri avanzi di
quegl'intrepidi soldati, morti per l'indipendenza della patria. Tale ossario ispira la più dolce melanconia e la più severa
meditazione.
(7)
I nomi delle vittime teramane della infausta giornata, sono ricordati sulla lapide marmorea incastrata nel
frontespizio del palazzo della Prefettura di Teramo, città capoluogo dell'Abruzzo ultra I.
(8)
Alcuni di questi disgraziati estinti; avvolti nei famosi cenci rossi (come per dileggio li chiamava un dì
un defunto presidente dei ministri d'Italia, di non tanta grata memoria), appartenevano a famiglie della provincia
teramana. Ricordiamo Domenico de Fabritiis di Teramo, Domenico del Zoppo di Mosciano, Tommaso Cecchini ed il
Romualdi di Notaresco, cittadina di filosofi, come la chiamava il furbo Ferdinando II di Napoli (tanto da tener sempre
seriamente impensierito l'alto patriottismo di alcuni valentissimi cittadini come il cotanto benemerito senatore Giuseppe
comm. Devincenzi ed il defunto cav. Dott. Pio Mazzoni, nonché il perfetto gentiluomo Dott. Ciro Romualdi).
Pietro Baiocchi appartenente all'antichissima città di Atri patria del filosofo Ariodante Mambella e dell'esimio
letterato e poliglotta Cherubini, nonché del defunto Michelangelo cav. Forcella Consigliere Provinciale, Presidente della
Deputazione e Deputato al Parlamento. Al cav. Forcella si deve il palazzo delle scuole magistrali femminili.
Dei predetti caduti sono rammentati i loro nomi e le loro date di morte in parecchie epigrafi poste oggi sotto la
spaziosa loggiata del palazzo comunale di Teramo.
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