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La questione nostra però non si ferma ad una lapide, non viene definita da una iscrizione più o meno adulatoria, non è risoluta da un sarcofago più o meno suntuoso. E' alla maniera di dissolvere il corpo che noi domandiamo l'eguaglianza. Noi tutti quaggiù siamo appendici della gran madre terra, perciò da un momento all'altro, al suo richiamo, tutti dobbiamo di malincuore sì, ma, rientrare nel gran seno di essa; e colui che stoltamente tentasse sottrarsi a questa gran legge imprescindibile, egli poveretto, vorrebbe distinguersi dal comune della caducità terrestre, vorrebbe essere trattato anche in modo assai diverso dei suoi fratelli, egli quindi a questa guisa rinuncia alla vera benefica uguaglianza, egli perciò condanna la democrazia... oggidì mirabilmente decantata per i trivii e per le piazze.... da tanti poveri delusi ed inesperti. |