Potremmo riferire anche l'orribile avvelenamento scoperto ed accaduto nell'agro moscianese (Prov. di Teramo) in persona di una contadina snaturata contro il proprio marito. Avvelenamento saputo dopo diciotto mesi di perfettissimo silenzio da che il povero cadavere era sceso nel sepolcro. Ma perché la Giustizia tuttora ne istruisce l'orribile processo, noi per delicatezza, non più ci dilunghiamo sull'argomento.
Il sig. Melchiorre Dottor Di Pietro da Teramo, parlando dell'avversità crematoria, disse: essere dello stesso avviso anche il prof. Roncati, il quale, facendo lezione agli studenti dell'ateneo di Bologna, raccontò loro il seguente raccapriccioso fatto: In un paesello non lungi da detta città, per motivi d'interessi, venne ucciso un uomo sulla sessantina, venendogli conficcato al cranio un chiodo bene aguzzo. Il malfattore, consumò tale scelleraggine con tant'arte e maestria da non venire subito discoperto. Se nonché dopo dieci anni venuto il turno del diseppellimento del resto di quel cadavere per dar luogo ad altro, i necrofori e gli astanti osservarono, con sommo stupore, che quel teschio era traforato e dentro trovavasi un chiodo ben aguzzo. Tal fatto fu immediatamente riferito a chi di dovere e dopo severissime e minuziose indagini fu il colpevole rinvenuto e debitamente punito.
Il prof. Ratti, dopo un mese riconobbe essere le tracce del veleno nel corpo esumato del povero generale Gibbone, ed il soldato siciliano Ricca, colpevole di reità fu condannato.
A Bassano presso S. Remo, nel maggio del 1891 una madre snaturata sopprimeva per forti interessi una innocente fìgliuoletta di un anno e mezzo, o poco più. La voce pubblica gridò all'avvelenamento: l'autorità intervenne e dopo due mesi si fu ordinata l'esumazione e l'autopsia del cadaverino. L'analisi dei visceri fornì la pruova più evidente del delitto e la madre iena fu mandata in gattabuia.
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