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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   se fosse vivo. Tanto gli uomini si rassegnano mal volentieri a vedere impunita, o, meglio, invendicata la colpa, e non vogliono mai ricordarsi che, alla peggio che possa andare, c'è, supremo trionfo dell'equilibrio, la spaventevole eternità dell'Inferno.
   VJ V~\
   L'eco dell'eccidio di Brozzi, nonostante che fosse accaduto parecchi anni prima della mia nascita, durava ancora vivissima, quando, uscendo dall' infanzia, incominciai a intendere e ragionare. Ma l'attenzione di tutti cominciava oramai a esser richiamata da altri fatti che avvenivano ogni giorno, spesso terribili anch'essi: fatti in relazione coi grandi mutamenti della patria comune, e conseguenza immediata di essi.
   I Borboni erano stati cacciati da Napoli, e sorgeva l'Italia una e indipendente. Due erano i fatti più importanti per mezzo dei quali il moto della rivoluzione si ripercoteva tra quei villaggetti degli Abruzzi: la Guardia Nazionale e i briganti. Il Corpo di Guardia del Comune, non era nel capoluogo, Castiglione della Valle, un piccolo villaggetto anch'esso; ma appunto in Colledara, per la sua posizione più centrale ; e accanto a casa mia. Avevano adattato a tale uso una stalla di pecore.
   Ogni mattina, in una specie di piazzetta, limitata, da una parte, dalle case e, dall'altra, da siepi e da una chiesuola in fabbrica, al cospetto maestoso del Gran Sasso, che guardava chi sa con quali sentimenti quei fatti nuovi, egli che ne aveva visti tanti, si facevano gli esercizii militari. Impartiva gli ordini un proprietario di un villaggio vicino, con una bella barba bionda e un gran vo-cione autorevole. Egli aveva il grado di capitano e, per