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Storia di Vasto. Città in Apruzzo Citeriore

Luigi Marchesani
Da Torchi dell'Osservatore Medico Napoli, 1838, pagine 364

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Non sarà discaro a'posteri il conoscere alcune cose dell'odierno idiotismo vastese. Porgerò queste cognizioni traducendo senza metro in equivalenti vocaboli di dizionario italiano, ed annotando poetico componimento del Dottor Fran^ cesco Romani, di cui la lingua forbita nella purissima italiana favella sa piegarsi graziosamente al patrio idiotismo. Ho prescelto il verso perchè la pronunzia, vagasse meno*
   SUN^TTE.
   Sci ara bai mè, sci binid&tte Ca sci fatte na còse accuscì belle. La faccia to gnè nu spicchile è n?    La mmedie, chi la brutta Cecca vr^rttte , Di iè sparlatine ch/à nin tè rivelle » Pare che iiè calate na laievzUe E iià abbrusc^te tutte le videlle.
   Che H aie da de/ce chiùe ? La craunc n&lpc* Già ti sci mnpsse. I mo mi t' agginucehie , Ca mi p^re chid grosse di nu Pdpe.
   Dèie te ne scampo sempre da maUfcchie , E ti dia bène canta ci ni c<£pe Da i1 ai/gne di lu pdle mine all' ucchie.
   SONÉTTO.
   Sciarabàllino mio, sii benedetto
   Chè sei {per ài) fatta una cosa così bella. La faccia tua come uno specchio è netta, £ d'Angelo tu tieni il cervello.
   La- invidia , quella brutta Cecca succida, Di andare sparlando più non tiene lena , Pare che 1' è calata una saetta E le à bruciate tutte le budella*
   Che ti ó da dire più? La corona in capo Tu ti sei messa.,Io mo mi t'inginocchio, Chè mi pari più grosso di un Papa.
   Dio te ne scampi sempre da fascinò y E ti dia bene quanto ce ne cape • Dall'unghia de lo piede infino agli occhi.
   Sun&ztte. Il dialetto vastese abbonda di dittonghi e di trittonghi: la vera pronumia loro non si sa che da chi nacque in Vasto ed ebbe lungo consorzio col volgo. Io ò cercato di accostarmi al modo di profferirli usando de' segni }
   L