NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Partitosi la donna grossa, e lasciata la paglia, che portò in seno, nel saccone di ser Tinaccio; il detto ser Tinaccio, levandosi, andò verso la camera della fanciulla e disse: - Che mala ventura è stata questa istanotte, che tu non mi hai lasciato dormire? Tutta notte "ser Tinaccio", "ser Tinaccio"! Ben, ch'è stato?
     Disse la fanciulla: - Quella donna fece un bel fanciul maschio.
     - O dove è?
     Disse la fanciulla: - Istamane per tempissimno, credo più per vergogna che per altro, se n'andò col fanciullo.
     Disse ser Tinaccio: - Deo dèagli la mala pasqua, ché tanto s'indugiano, che poi vanno pisciando li figliuoli qua e là. Se io la potrò riconoscere o sapere chi sia il marito, ché dee essere un tristo, io gli dirò una gran villania.
     Disse la fanciulla: - Voi farete molto bene, ché anco me non ha ella lasciato dormire in tutta notte.

     E così finì questa cosa.
     Ché da quell'ora innanzi non bisognò troppo archimia a congiugnere li pianeti, che spesso poi per li tempi si trovarono insieme; e 'l prete ebbe di quelle derrate che danno altrui. Così, poiché non si può far vendetta sopra le lor mogli intervenisse a tutti gli altri, o sopra le nipote o sopra le figliuole (come fu questa) simile inganno, che per certo e' fu bene uno dei maggiori e de' più rilevati che mai si udisse. E credo che 'l giovane facesse picciol peccato a fallire contro a coloro che, sotto la coverta della religione, commettono tanti falli tutto dì contro alle cose altrui.
     (Novella XXVIII)



     GLI AMBASCIATORI DI CASENTINO
     Due ambasciadori di Casentino sono mandati al vescovo Guido di Arezzo; dimenticano ciò che è stato commesso, e quello che 'l vescovo dice loro, e come tornati hanno grande onore per aver ben fatto.


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