Era nel sollione per un gran caldo, che passando due contadini, che veniano da Santa Maria Impruneta, disse l'uno all'altro: - Io ho una gran sete; vuoi tu andare in quella vigna per un grappolo d'uve, o vagli che vi vadia io?
Disse l'altro: - Vavvi pur tu.
Di che l'uno, saltato con una lancia sul muro, e gittatosi di là co' piedi su l'anche di Berto, che era addosso alla detta forese, fu tutt'uno: del qual colpo ebbe maggiore paura e danno Berto che la forese, perocché ella si senti meglio calcata. Il contadino che aveva saltato, sentendosi giugnere co' piedi su una cosa molliccia, sanza volgersi addietro, comincia a fuggire per la detta vigna, fracassando e pali e viti, gridando: - Accor. uomo, accorr'uomo, - con le maggiori voci che aveva in testa.
Berto nientedimeno si studiava di fare li fatti suoi, comecché gli paresse essere nel travaglio. Al romore del contadino chi correa qua e chi là: - Che è? che è?
E quelli dicea: - Oimè! che io ho trovata la maggior botta che mai si trovasse.
Il romore crescea; ed elli li diceano: - Se' tu impazzato, che tu metti il paese a romore per una botta?
E quelli pur gridava: - Oimè! fratelli miei, ch'ella è maggiore che un vassoio. Io vi saltai suso, e parvemi saltare come su uno grandissimo polmone, o fegato di bestia; oimè! che io non tornerà mai in me.
D'altra parte il suo compagno o parente che fosse, che aspettava l'uve, temendo forse per briga che aveano (udendo il romore) che colui non fosse assalito e morto, comincia a gridare anco elli "accorr'uomo" e fugge indietro quanto puote. Le campane di San Felice cominciano a sonare a martello, e quelle da Pozzolatico, e di tutto quel paese. Chi trae dall'un lato e chi dall'altro, e ciascun corre: - Che è? che romore è questo, ed in quest'ora?
|