In ogni terra ov'entran peregrini;
E la fanciulla resta coi ragazzi.
Altri i letti, altri acconciano i ronzini;
Altri hanno cura che sia alla tornata
Dei signor lor la cena apparecchiata.
Nell'albergo un garzon stava per fante,
Ch'in casa debba giovane già stette
A' servigi del padre, e d'essa amante
Fu da' primi anni, e del suo amor godette.
Ben s'adocchiar, ma non ne fér sembiante;
Ch'esser notato ognun di lor temette:
Ma tosto ch'i patroni e la famiglia
Lor dieron luogo, alzar tra lor le ciglia.
Il fante domandò dov'ella gisse,
E qual dei duo signor l'avesse seco.
A punto la Fiammetta il fatto disse
(Così avea nome, e quel garzone il Greco).
Quando sperai che 'l tempo, oimè! venisse
(Il Greco le dicea) di viver teco,
Fiammetta, anima mia, tu te ne vai,
E non so più dir rivederti mai.
Fannosi i dolci miei disegni amari,
Poiché sei d'altri, e tanto mi ti scosti.
Io disegnava, avendo alcun danari
Con gran fatica e gran sudor riposti,
Ch'avanzato m'avea de' miei salari
E delle bene andate di molti osti,
Di tornare a Valenza, e domandarti
Al padre tuo per moglie, e di sposarti.
La fanciulla negli omeri si stringe,
E risponde che fu tardo a venire.
Piange il Greco e sospira, e parte finge.
Vuommi, dice, basciar così morire?
Con le tue braccia i fianchi almen mi cinge;
Lasciami disfogar tanto desire:
Ch'innanzi che tu parta, ogni momento
Che teco io stia, mi fa morir contento.
La pietosa fanciulla rispondendo:
Credi, dicea, che men di te nol bramo;
Ma né luogo né tempo ci comprendo
Qui, dove in mezzo di tanti occhi siamo.
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