Ebbe Ottinello il falcon seguitato.
Era in quel fiume una galea rivata
Di Cipriotti, armata di ragione.
In terra di galeotti gran brigata
Dismontorno per far qualche prigione:
E la fortuna cruda e dispietata
Li fe' veder Ottinello garzone:
Preso e ligato fu quel giovinetto,
In galera il portor di peso stretto.
Alla volta di Cipro i marinani
Portan el giovinetto per certano,
Credendo di piglianne gran denari:
E comperollo un povero ortolano
Trenta talenti d'or senza disvani.
Il povero Ottinello con sua mano
Bisognava zappasse tutto l'orto,
Che di fatica venne come morto.
Bisogna alquanto Ottinello lassare
E ritornare a Giulia polita.
Quando del sonno s'ebbe a risvegliare,
Guardossi intorno già tutta smarrita:
Non vide l'amator, prese a gridare:
O Ottinello mio, tu m'hai tradita!
Dove sei gito, lassa sventurata?
Rimasta son tradita e ingannata.
A pianger cominciò la giovinetta;
Con gran lamento il petto si battia,
Vedendosi rimasta si soletta.
Ah sventurata me, così dicia:
Crudel fortuna, tu sia maledetta!
D'esser così tradita non credia.
E prese i vestimenti di Ottinello,
Vestissi che parea un garzoncello.
Inverso Puglia prese suo cammino
Con tutte quelle gioie che portava:
Capitò al mar vestita da fantino:
Piangendo con sospir si lamentava:
Ah cruda corte, aspro mio destino
Da questi miei martir presto mi cava!
E lamentando al lito fu arrivata,
Ov'era un'ostaria mal ordinata.
Più e più giorni si fu riposata
In quell'albergo con malinconia.
Giulio da ciascheduno era appellata:
Che fosse donna nessun cognoscia.
Con grand'astuzia l'oste ebbe chiamata
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