Qual è patron dello albergo; dicia:
Se mel vuoi vender, mel compererròe,
E un'osteria magna qui faròe.
L'oste sentendo dir cotal parlare,
Feceno il patto in trecento ducati,
Un miglio intorno ebbe a comperare,
E subito i maestri ebbe trovati:
Un bel palazzo fece edificare,
Ch'e' mercatanti fussin ben trattati.
Dall'altro canto fece un spedaletto
Per sovvenire ogni poveretto.
Tanta virtude in Giulio regnava,
Che ciascun mercatante volontieri
All'osteria di Giulio lassava
Marcadanzie senza alcun pensieri:
Che fussen mosse nessun dubitava,
Per la virtude di quel buono ostieri.
La fama si era sparsa in ogni canto,
Di lealtà portava lodo e vanto.
Aveva Giulio per consuetudine
Voler saper chi in casa gli alloggiava,
E domandava con sollecitudine
Chi era e dove e che facendo andava:
Con tanta umanità e mansuetudine,
Nessun per questo non se ne aggravava;
Da po' andava all'ospital soletto
Domandando qual fosse il lor difetto.
Ora lasciamo l'oste e l'osteria,
E ritorniamo al povero Ottinello,
Che a zappar nell'orto si stasìa
Con grande affanno dentro dal cervello,
Sempre con doglia e con melanconia
Pensando aver lassato il viso bello,
Senza sperar di rivederla mai
Avendola lassata in tanti guai.
Un giorno che zappava dentro all'orto
Sopra d'un sasso che forte bombava,
Credea ch'el fosse sepolcro d'un morto,
Alzò la pietra, poi la reversava:
Guardando dentro, subito fu accorto
D'un gran tesoro che dentro lustrava:
Sessantamila talenti d'or fino
Erano in un vasel di cristallino.
Subito quel vasello ebbe pigliato,
E fora il trasse dal sepulcro oscuro;
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