A molti uomin quelli giovin belli
Terren per case dentro gli donano:
Taranto la città si fe' chiamare,
Da' dui lati alle mura batte il mare.
Quando quella città fu edificata,
Gli fecer dentro una bella fortezza.
Allora Giulia volse essere sposata
Da Ottinello fior di gentilezza.
La degna festa presto è apparecchiata
Per far le nozze con grande allegrezza;
Da poi lo sposalicio ordinato,
Ciascadun per suo padre ebbe mandato.
Commissono a ciascun ambasciatore
Per punto come il fatto era seguito
Dovessono contar al lor signore:
Che l'un con l'altro si era dispartito:
Come si eran sposati con bon core,
Lui per mogliera e lei per suo marito.
E tanto cavalcon gli ambasciatori
Rivaro in corte alli nobil signori.
Inginocchiati con gran reverenzia,
Ciascadun ricontò la sua ambasciata.
Quei principi con gran magnificenzia
Fen grande onor a tutta sua brigata;
Ma prima che da lor fessen partenzia
Ebbon la pace fra loro ordinata:
Da poi pigliano per conclusione
Gire a veder de' figli la magione.
Con gran trionfo si son dipartiti
(Trecento buon destrieni ognun avia),
Cavalcando per boschi, selve e liti,
Sempre con allegrezza per la via.
Apparecchiati sono gran conviti
Per quei signor che a Taranto venia:
Fesseli incontro il nobile Ottinello,
Con cinquecento cavalli il donzello.
Quando si fumo insieme riscontrati,
Ottinello smontò dal suo cavallo,
Et ebbe i piedi a suo padre baciati,
Andò al messer, dapo' non fece stallo,
Et ambo si fur stretti e abbracciati.
Dapo' montò a destriero senza fallo:
E ragionando per tutto il cammino
Vennero i vecchi col nobil fantino.
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