NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Giunsero a quella nobile città
     Con gran trionfo e con grande allegrezza.
     Era il palazzo di gran nobiltà
     Adorno a panni d'oro e gran ricchezza.
     E quei signori con gran carità
     Abbracciar Giulia, fior di gentilezza:
     Dapo' in sala tutti di brigata
     Giulia bella ebbeno accompagnata.

     Li gran trionfi non potrìa narrare
     Che sono fatti per tutti i paesi,
     Giostre, battaglie con lancie spezzare,
     Corte bandita fen per quattro mesi:
     Ciascun posseva ben bere e mangiare;
     Tant'erano piacevoli e cortesi.
     Passati quattro mesi a non mentire,
     Quei gran signori s'ebbono a partire.

     Gioie infinite l'un l'altro donorno:
     Dapoi ciascuno si prese combiato.
     Verso le lor città se ne tornorno,
     E l'uno dall'altro si fu separato.
     Con grandi abbracci e sospir si baciorno,
     E così fu ciascun licenziato.

     Giunsero a lor città li vecchiarelli
     Con gran 'legrezza de' suoi figli belli.

     Ed Ottinello con sua donna onesta
     In Taranto rimase consolato.
     Per molti giorni fu fatta gran festa,
     E dominò gran tempo il nobil stato;
     Fu fatto principe a quella richiesta
     E cavalier con spron d'oro calzato:
     E vissero gran tempo con vittoria -
     Al vostro onor finita è questa storia.



     NICOLÒ MACHIAVELLI

     BELFAGOR

     L
     EGGESI, nelle antiche memorie delle fiorentine cose, come già s'intese per relazione di alcuno santissimo uomo, la cui vita, appresso qualunque in quelli tempi viveva, era celebrata, che, standosi astratto nelle sue orazioni, vide, mediante quelle, come andando infinite anime di quelli miseri mortali che nella disgrazia di Dio morivano all'Inferno, tutte o la maggior parte si dolevano non per altro che, per avere preso moglie, essersi a tanta infelicità condotte. Donde che Minos e Radamanto insieme con gli altri infernali giudici ne avevano maraviglia grandissima. E non potendo credere queste calunnie che costoro al sesso femmineo davano essere vere, e crescendo ogni giorno le querele, e avendo di tutto fatto a Plutone conveniente rapporto, fu deliberato per lui di avere sopra questo caso con tutti gl'infernali principi maturo esamine e pigliarne di poi quel partito che fussi giudicato migliore, per scoprire questa fallacia o conoscerne in tutto la verità. Chiamatogli adunque a concilio, parlò Plutone in questa sentenza: - Ancora che io, dilettissimi miei, per celeste disposizione e fatale sorta al tutto inrevocabile possegga questo regno, e che per questo io non possa essere obligato ad alcuno iudicio o celeste o mondano, nondimeno, perché gli è maggiore prudenza di quelli che possono più, sottomettersi più alle leggi e più stimare l'altrui iudizio: ho deliberato essere consigliato da voi come, in uno caso il quale potrebbe seguire con qualche infamia del nostro imperio, io mi debba governare. Perché, dicendo tutte l'anime degli uomini che vengono nel nostro regno esserne stato cagione la moglie, e parendoci questo impossibile, dubitiamo che, dando iudizio sopra a questa relazione, ne possiamo essere calunniati come troppo creduli e, non ne dando, come manco severi e poco amatori della iustizia. E perché l'uno peccato è da uomini leggieri e l'altro da ingiusti; e volendo fuggire quegli carichi che da l'uno e l'altro potrebbono dependere, e non trovandone il modo, vi abbiamo chiamati acciò che, consigliandone, ci aiutiate e siate cagione che questo regno, come per lo passato è vivuto sanza infamia, così per lo avvenire viva. - Parve a ciascheduno di quegli principi il caso importantissimo e di molta considerazione; e concludendo tutti come egli era necessario scoprirne la verità, erano discrepanti del modo. Perché a chi pareva che si mandassi uno, a chi più, nel mondo, che sotto forma di uomo conoscessi personalmente questo vero; a molti altri occorreva potersi fare senza tanto disagio, costringendo varie anime con vani tormenti a scoprirlo. Pure la maggior parte consigliando che si mandassi, s'indirizzorno a questa opinione E non si trovando alcuno che voluntariamente prendessi questa impresa, deliberorno che la sorte fussi quella che lo dichiarassi; la quale cadde sopra Belfagor, Arcidiavolo, ma per lo addietro, avanti che cadessi di cielo, Arcangelo. Il quale, ancora che male volentieri pigliassi questo carico, nondimeno, costretto da lo imperito di Plutone, si dispose a seguire quanto nel concilio si era determinato, e si obligò a quelle condizioni che in fra loro solennemente erano state deliberate. Le quali erano: che subito a colui che fussi a questa commissione deputato fussino consegnati centomila ducati, con i quali doveva venire nel mondo e, sotto forma di uomo, prender moglie, e con quella vivere dieci anni e di poi, fingendo di morire, tornarsene e per esperienza fare fede ai suoi superiori quali sieno i carichi e le incomodità del matrimonio. Dichiarossi ancora che durante detto tempo ei fussi sottoposto a tutti quegli disagi e mali che sono sottoposti gli uomini, e che si tira dietro la povertà, le carceri, la malattia e ogni altro infortunio nel quale gli uomini incorrono, eccetto se con inganno o astuzia se ne liberassi. Presa adunque Belfagor la condizione e i danari, ne venne nel mondo; e ordinato di sua masnade cavagli e compagni, entrò onoratissimamente in Firenze; la quale città innanzi a tutte l'altre elesse per suo domicilio, come quella che gli pareva più atta a sopp ortare chi con arte usurarie esercitasse i suoi danari.


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