NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Era l'uomo salvatico uno bellissimo giovane, il quale, per disperazione di non poter acquistare l'amore di colei che cotanto amava, lasciati gli amorosi pensieri e gli urbani solazzi, si era posto tra le boscarecce belve, abitando l'ombrose selve ed i folti boschi, mangiando l'erbe e bevendo l'acqua a guisa di bestia. Laonde il miserello aveva fatto il pelo grossissimo e la cotica durissima e la barba folta e molto lunga; e per li cibi d'erba la barba, il pelo ed i capelli erano sì verdi divenuti, che era cosa mostruosa a vederlo.
     Destata la reina e messa la mano sotto il guanciale per prender le chiavi che sempre a lato teneva, e non trovandole, molto si maravigliò; e ravogliendo il letto sotto sopra, e nulla trovando, come pazza alla prigione se n'andò, e trovandola aperta e non vedendo l'uomo salvatico, da dolore si sentiva morire; e scorseggiando per lo palazzo or quinci or quindi, addimandava or a questo or a quello chi era stato quel sì temerario ed arrogante, che gli aveva bastato l'animo di togliere le chiavi della prigione senza sua saputa. A cui nulla sapere tutti rispondevano. E incontratosi Guerrino nella madre, e vedendola tutta di furore accesa, disse: - Madre mia, non incolpate veruno dell'aperta prigione, perciò che, s'alcuno merita punizione alcuna, io sono quello che debbo patire, perché io sono stato l'apertore. - La reina, ciò udendo, molto maggiormente se ne dolse, temendo che 'l re, venendo dalla caccia, il figliuolo per sdegno non uccidesse; perciò che le chiavi a lei quanto la persona propria raccomandate aveva. Laonde la reina, credendo schifare uno picciolo errore, in un altro assai maggiore incorse; perciò che, senza metter indugio alcuno, chiamò duo suoi fidelissimi serventi ed il figliuolo; e dategli infinite gioie, e danari assai, e cavalli bellissimi, il mandò alla buona ventura, pregando cordialissimamente li serventi che il suo figliuolo raccomandato gli fusse.


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