Opere di letteratura italiana e straniera |
Cavalcando adunque Guerrino co 'l giovanetto e non conoscendolo, ancor che egli conoscesse lui, finalmente pervenne ad una fortissima città, Irlanda chiamata; la quale a quei tempi Zifroi re signoreggiava. Questo re Zifroi aveva due figliuole vaghe di aspetto e gentili di costumi, e di bellezza Venere avanzavano: l'una de' quai Potenziana, l'altra Eleuteria si chiamava; ed erano sì amate dal re, che per l'altrui occhi non vedeva se non pe' loro. Pervenuto adunque Guerrino alla città d'Irlanda col giovane isconosciuto e con gli serventi, prese l'alloggiamento di un oste, il più faceto uomo che in Irlanda si trovasse; e da lui tutti furono onorevolmente trattati. Venuto il giorno sequente, il giovanetto isconosciuto finse di voler partire e andarsene in altre parti; e prese commiato da Guerrino, ringraziandolo molto della buona compagnia avuta da lui. Ma Guerrino, che oramai gli aveva preso amore, in maniera alcuna non voleva che si partisse; e tanto l'accarezzò, che di rimanere seco acconsentì.
Trovavansi nel territorio irlandese duo feroci e paventosi animali: de' quai l'uno era un cavallo salvatico e l'altro una cavalla similmente salvatica; ed erano di tanta ferocità e coraggio, che non pur le coltivate campagne affatto guastavano e dissipavano, ma parimenti tutti gli animali e le umane creature miseramente uccidevano. Ed era quel paese per la loro ferocità a tal condizione divenuto, che non si trovava uomo che ivi abitan volesse; anzi i propi paesani abbandonavano i loro poderi e le loro care abitazioni, e se ne andavano in alieni paesi. E non vi era uomo alcuno sì potente e robusto, che raffrontarli non che ucciderll ardisse. Laonde il re, vedendo il paese tutto nudo sì di vittovaria come di bestie e di creature umane, né sapendo a tal cosa trovar rimedio alcuno, si ramanicava molto, biastemando tuttavia la sua dura e malvagia fortuna. I duo serventi di Guerrino, che per strada non avevano potuto adempire il loro fiero proponimento per non potersi convenine insieme e per la venuta dell'incognito giovanetto, s'imaginorono di far morire Guerrino, e rimaner signori delle gioie e danari; e dissero tra loro: - Vogliamo noi vedere se potiamo in guisa alcuna dare la morte al nostro patrone? E non trovando modo né via che gli sodisfacesse, perciò che stavano in pericolo della vita loro se l'uccidevano, s'imaginorono di ragionar secretamente con l'oste, e raccontargli come Guerrino suo patrone è uomo prode e valente, e più volte con esso loro si aveva vantato di poter uccidere quel cavallo salvatico senza danno di alcuno. - E questa cosa agevolmente potrà venire alle orecchie del re: quale, bramoso della morte degli duo animali e della salute di tutto il suo territorio, farà venire a sè Guerrino, e vorrà intendere il modo che si ha a tenere; ed egli non sapendo che fare né che dire, facilmente lo farà morire, e noi delle gioie e danari saremo possessori. - E sì come deliberato avevano, così fecero. L'oste, inteso questo, fu il più allegro ed il più contento uomo che mai la natura creasse; e senza mettere intervallo di tempo, corse al palazzo; e fatta la debita riverenza con le ginocchia in terra, secretamente gli disse: - Sacra Corona, sappiate che nel mio ostello ora si trova un vago ed errante cavaliere, il quale per nome Guerrino si chiama; e confavolando io con gli serventi suoi di molte cose, mi dissero, tra le altre, come il loro patrone era uomo famoso in prodezza e valente con le arme in mano, e che a' giorni nostri non si trovava un altro che fusse pare a lui, e più e più volte si aveva vantato di essere sì potente e forte, che atterrarebbe il cavallo salvatico che nel territorio vostro è di tanto danno cagione. - Il che intendendo, Zifroi re immantinente comandò che a sè io facesse venire L'oste, ubidientissimo al suo signore, ritornò al suo ostello e disse a Guerrino che solo al re dovesse andare, perciò che egli seco desiderava parlare. |