NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Guerrino, questo intendendo, alla presenza del re si appresentò, e fattagli la convenevole riverenza, gli addimandò qual era la causa che egli dimandato lo aveva. A cui Zifroi re disse: - Guerrino, la cagione che mi ha costretto farti qui venire, è che io ho inteso che sei valoroso cavaliere, né hai un altro pare al mondo, e più volte hai detto la tua fortezza esser tale, che senza offensione tua e di altrui domaresti il cavallo che così miserabilmente distrugge e dissipa il regno mio. Se ti dà il cuore di prendere tal gloriosa impresa qual è questa, e vincerlo, io ti prometto sopra questa testa di farti un dono, che per tutto il tempo della vita tua rimarrai contento. - Guerrino, intesa l'alta proposta del re, molto si maravigliò: negando tuttavia aver mai dette cotali parole che gli erano imposte. ll re della risposta di Guerrino molto si turbò; e adirato alquanto, disse: - Voglio, Guerrino, che al tutto prendi questa impresa; e se tu sarai contrario al voler mio, pensa di rimaner privo di vita.

     Partitosi Guerrino dal re e ritornato all'ostello, molto addolorato si stava, né ardiva la passione del cuor suo scoprire. Onde il giovane isconosciuto, vedendolo contra il consueto suo sì malinconoso stare, dolcemente gli addimandò, qual era la cagione che sì mesto ed addolorato il vedeva. Ed egli, per lo fratellevole amore che gli portava non potendogli negare l'onesta e giusta dimanda, li raccontò ordinatamente ciò che gli era avenuto. Il che intendendo, l'incognito giovane disse: - Sta' di buon animo né dubitar punto, perciò che io t'insegnarò tal strada, che tu non perirai: anzi tu sarai vincitore, ed il re conseguirà il desiderio suo. Ritorna adunque al re, e dilli che tu vuoi che 'l ti dia un valente maestro che ferra cavalli; ed ordinagli quattro ferri da cavallo, i quali siano grossi, e d'ogni intorno maggiori degli ferri comuni duo gran dita, e ben crestati, e che abbino duo ramponi lunghi un gran dito da dietro, acuti e pungenti. Ed avuti, li farai mettere ai piedi del mio cavallo, che è fatato; e non dubitare di cosa alcuna.


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