Opere di letteratura italiana e straniera |
Costantino, vedendosi tanto onorato e ricco divenuto, non sapeva dove la moglie condurre, e fece consiglio con la sua gatta; la quale disse: - Non dubitar, patrone mio, ché ad ogni cosa faremo buona provisione. - Cavalcando ogni uno allegramente, la gatta con molta fretta camminò avanti; ed essendo dalla compagnia molto allontanata, s'incontrò in alcuni cavalieri, a' quali ella disse: - Che fate quivi, o poveri uomini? Partitevi presto, ché una gran cavalcata di gente viene, e farà di voi ripresaglia; ecco che l'è qui vicina: udite il strepito delli nitrenti cavalli! - I cavaIlieni spauriti dissero: - Che deggiamo adunque far noi? - Ai quali la gatta rispose: - Farete a questo modo. Se voi sarete addimandati di cui sete cavallieri, rispondete animosamente: Di messer Costantino, e non sarete molestati. - E andatasi la gatta più innanzi, trovò grandissima copia di pecore e armenti, e con li lor patroni fece il somigliante; e a quanti per strada trovava, il simile diceva. Le genti che Elisetta accompagnavano, addimandavano: - Di chi siete cavallieri, e di chi sono tanti belli armenti? - e tutti ad una voce rispondevano: - Di messer Costantino. - Dicevano quelli che accompagnavano la sposa: - Adunque, messer Costantino, noi cominciamo sopra 'l tener vostro entrare? - ed egli col capo affermava di si; e parimenti d'ogni cosa ch'era addimandato, rispondeva di sì. E per questo la compagnia gran ricco lo giudicava.
Giunta la gatta ad uno bellissimo castello, trovò quello con poca brigata; e disse: - Che fate, uomini da bene? non vi accorgete della roina che vi viene adosso? - Che? - disseno i castellani. - Non passerà un'ora, che verranno qua molti soldati e vi taglieranno a pezzi. Non udite i cavalli che nitriscono? non vedete la polve in aria? E se non volete perire, togliete il mio consiglio, ché tutti sarete salvi. S'alcuno v'addimanda: Di chi è questo castello? diteli: Di messer Costantino Fortunato. - E così fecero. Aggiunta la nobil compagnia al bel castello, addimandò i guardiani di cui era; e tutti animosamente risposero: - Di messer Costantino Fortunato. - Ed entrati dentro, onorevolmente alloggiarono. Era di quel luogo castellano il signor Valentino, valoroso soldato, il quale poco avanti era uscito dal castello per condurre a casa la moglie che novamente aveva presa; e per sua sciagura, prima che aggiungesse al luogo della diletta moglie, gli sopraggiunse per la strada un subito e miserabile accidente, per lo quale immantinenti se ne morì. E Costantino Fortunato del castello rimase signore. Non passò gran spazio di tempo, che Morando, re di Boemia, morì; ed il popolo gridò per suo re Costantino Fortunato per esser marito di Elisetta figliuola del morto re, a cui per successione aspettava il reame. Ed a questo modo Costantino, di povero e mendico, signore e re rimase; e con la sua Elisetta gran tempo visse, lasciando di lei figliuoli successori nel regno. |