NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Pad. - Ecco a te, Barone.
     Bar. - Passeggiava egli con la turba de l'altra baronia, quando il tin tin, tin fece ristringere le brigate in se stesse, e continuando il suono del replicato tin, tin, ognuno si guardava intorno a le mani e a i piedi.
     Pad. - Io divento bianco in suo servigio.
     Car. - Il valente uomo, isbigottito da senno, stringeva pure il braccio, mentre l'ore non restava di sonare, e perché il suo stringerselo al petto non acquetava l'oriuolo, entrò in un tremito di vergogna sì mescolata di paura che pareva nel viso e di terra e di fuoco.
     Pad. - L'esser chiappato col furto sotto è una mezza impiccatura.
     Car. - Se la brigata ne lo accorgersene ne rise e stupì, crediamo che tu ce lo creda.
     Pad. - Avete buon parere.
     Car. - Cotale suo stupore allegro fu attonito e ridicolo in un tratto; attonito per non comprendere così al primo di donde venisse il suono, e ridicolo per la piacevole novità di sì bel caso.

     Pad. - Se non fu bel, non vaglia.
     Car. - Ma quel che accresceva la festa in ciascuno, era la tosse venuta al Re per le risa, che non lo lasciava parlare.
     Pad. - Se io sapessi comporre, come sa il Gelbo e il Lasca, ingegni nobili e belli, metterei cotal baia in un atto di commedia.
     Car. - Il Francese, trattosi in ginocchioni, cominciò: Sire, gli stimoli de la forza del giuoco sono sì possenti che spingono altri a ogni villana codardia; né seguitò più oltre, però che la magnanima Sua Maestade gli ruppe le parole dicendo: Signore, il piacere che abbiamo sentito, avanza in modo il danno che voi ci avete fatto, che l'oriuobo è vostro.


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