E circa questo fatto della prigionia parimente il Berti dice, che il Campanella "passò tre anni sotto la mentovata custodia senza muoverne lagnanza"; ma non poteva muoverne lagnanza se aveva avuta una condanna al carcere irremissibile; del resto, dovè pure trovare chi l'aiutasse ad uscirne, disobbligandosi col fargli la natività, e in una lettera scritta al Papa, quando stava nel S.to Officio, usò le espressioni medesime usate con lo Scioppio quando stava nella fossa di S. Elmo, "Adiutor meus et liberator meus es tu Domine, ne tardaveris". Queste notizie risultano dagli stessi preziosi documenti datici appunto dal Berti (ved. Nuova Antologia luglio 1878 p. 400 e 392, e Lettere inedite, let. 12.a p. 40, e let. 4.a p. 21). Chiunque si faccia a leggere i documenti e a considerare le cose senza idee preconcette, troverà che la Curia Romana non ebbe mai alcun riguardo pel Campanella eccetto quello finale dell'averlo tenuto nel carcere di Roma per soli 3 anni, invece degli 8 anni soliti a farsi scontare, trattandosi di condanna al carcere perpetuo ed anche irremissibile. Ma si deve tener presente che dopo la condanna egli avea sofferto oltre ventitrè anni di carcere, che varii Cardinali e Prelati aveano molta considerazione della sua dottrina, massime poi che sopraggiunsero circostanze straordinarie e del tutto estrinseche, per le quali Papa Urbano, personalmente, mostrò di proteggerlo ed amarlo, e pure fino ad un certo punto. Si può ben dire che quella volta il Campanella non vide chiaro, e ad ogni modo, circa la protezione trovata da lui in Papa Urbano, si sarebbe dovuto accuratamente distinguere più periodi successivi, ne' quali le cose andarono ben diversamente.
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