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      Il padrone di quel locale, che noi chiameremo ristorante del «Catenaccio» senza indicarne il vero nome nè ove si trovi, è un uomo sui trentacinque anni, grasso, bruno di pelle e di capelli: un tipo tra il negoziante e il manuale con una gentilezza manierata e direi quasi stentata, smentita, del resto, dall'espressione energica dei lineamenti.
      Esso comanda come un generale una squadra di camerieri, che presentano all'occhio dell'osservatore le più disparate caratteristiche del genere umano.
      Fra essi trovasi qualche brav'uomo, che, in un ambiente ove gli scrupoli sono esclusi, subisce la necessità del momento senza falsi pudori, ma anche senza millanteria.
      Ma il maggior numero di quegli esseri, costretti a un servizio doppiamente umiliante poichè fatto con l'ipocrisia della maschera diurna e la facilità e condiscendenza del servizio notturno, appartiene alla più ripugnante categoria di creature. Essi pescano in quel torbido pantano come nel proprio elemento; condiscendenti con le prostitute, delle quali spesso sfruttano il corpo a loro vantaggio ed a cui prestano i servigi più segreti e meno onesti, essi assumono arie di padronanza e quasi di paterna autorità con gli avventori, poichè si sentono spalleggiati dall'elemento femminile, che domina sovrano in quelle sale.
      Dopo la mezzanotte il locale comincia a riempirsi di un elemento ambiguo e tumultuoso, che forma casa propria lì dentro fino alle tre o alle quattro del mattino.
      Abbondano, naturalmente, le donne, tutte minate dalle malattie veneree, i volti lividi e disfatti, sapientemente nascosti sotto il belletto e la cipria.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280