E poi c'era un altro mistero. Non volle dir altro e concluse: «Pure, è una brava donnina, che ha cura di me ed economizza molto sulle spese».
Una sera, uscendo da teatro, lo trovai tremante, col volto cadaverico. Mi confessò quasi piangendo che la moglie gli aveva rifiutato il mangiare per tutto il giorno, per punirlo d'una sua mancanza.
Lo portai meco al solito «Catenaccio». Dopo che ebbe mangiato e più ancora bevuto, divenne di un buonumore inquietante. La sua bocca sdentata e un po' tremolante lasciava sfuggire un torrente di parole; le braccia lunghe e magre gli si torcevano nella smania del fraseggiare. Avevo paura per lui. Cominciò una discussione violenta con una donna. Li ho ancora entrambi innanzi agli occhi, lei cogli zigomi sporgenti, le mascelle larghe, il viso rosso di belletto e lui con gli occhi mobilissimi, le labbra contratte, il corpo scheletrito in sussulto.
Essa decantava il suo corpo e la voluttà del suo bacio. Noi la ammirammo, in quel momento. Pure il mio amico non la lasciò terminare il suo inno. «Io vi obbligherei, la interruppe, per punirvi della vostra avidità di mala femmina e farvi pagare in monete d'oro suonante e a non poter spendere il vostro guadagno. Voi dovreste vestire modestamente, mangiare e bere in una data trattoria a prezzi modicissimi. Così vi abbandonerei all'ossessione di un denaro sempre più accumulato e che mai potreste intaccare».
Fu quella l'ultima notte, che passai in sua compagnia. Presentivo una disgrazia e pensavo con dolore a quella povera anima strappata dalle sue immaginazioni notturne e posta in una serra troppo calda e troppo soffocante per lei.
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