Aveva ragione Zarathustra, il maestro: Non bisogna piangere; se si piange si è persi. Io ho pianto, ed ora non sono più la donna energica di un tempo. Cioè, sono ancora forte; ma la mia energia si è volta in un altro campo, meno superbo, ma più umanitario.
Sorrideva, dicendo questo, e si specchiava con compiacenza negli occhi larghi e azzurri di Bisca. Questo nome le dispiaceva.
— Ti chiamerò col tuo vero nome, Virginia; aveva stabilito. Ma la fanciulla, che provava una specie di affezione per quel nome brutale, la aveva pregata di volerglielo conservare.
Anna s'impensieriva ogni giorno più. Innanzi tutto, si vedeva isolata, in piena balia del Cerruti, che la aveva rispettata sino ad allora soltanto perchè aveva sperato di piegarla ai suoi desideri. Poi restava inattiva, a discorrere col Bonci o a baciare Bisca; e questo ozio forzato le pesava. Non vedeva l'ora di tornare nell'azione, di immergersi in qualche impresa, di partecipare a qualche comizio.
Questa situazione non poteva durare. Decise perciò, di fare un ultimo sforzo e di persuadere la fanciulla di seguirla. Sarebbero fuggite insieme aiutate dal Bonci, che non avrebbe rifiutato il suo appoggio.
Glielo disse schietto, perciò:
— Senti, Bisca. Io non posso rimanere più a lungo in questa casa. Ma non voglio lasciarti nelle mani di quella canaglia del Cerruti. Vuoi seguirmi? Fuggiremo questa notte stessa, o domani, al più tardi.
Bisca impallidì, poi stringendo fra le manine una mano di Anna balbettò:
— Vuoi fuggire? Perchè? Non stai bene, qui?
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