Pranzavo in una piccola trattoria del sobborgo, allorchè vidi entrare quel bel tipo. Portava sotto il braccio un oggetto lungo e rettangolare, involto in vecchi giornali.
Si avvicinò al banco e, rivolgendosi al padrone, chiese con aria misteriosa:
- Vi intendete di oggetti d'arte?
- Non ne compro, rispose quello.
- Aspettate; non vi dico di comprare. Servitemi un modesto pranzo ed avrete in pegno un capolavoro.
Malgrado il grugnito poco rassicurante, che accolse la sua proposta, cominciò a svolgere flemmaticamente l'oggetto. Era una vecchia tavola tarlata, sulla quale la muffa aveva disegnato una specie di cavallo galoppante, con sulla schiena un moro, che poteva anch'essere una scimmia.
- Cos'è quella porcheria?, chiese il trattore, volgendo lo sguardo meravigliato dal guazzabuglio all'intruso.
- Una porcheria? È un capolavoro, che nessuna mano d'uomo avrebbe potuto dipingere! Si potrebbero averne cento, duecento, mille lire, una sull'altra.
- Bene! Rivolgetevi a un antiquario! ribattè il padrone con un'alzata di spalle.
Mi decisi a intervenire, poichè mi sentivo vivamente interessato per quel bizzarro venditore. Si trattava di un imbroglione o di un visionario? Allora non potevo deciderlo; più tardi mi accorsi che c'era un po' di entrambi in quell'uomo; ma che, sovra tutto, c'era uno spirito profondo di mistificazione.
- Scusi, dove l'ha trovata? domandai a quell'entusiasta, additandogli la tavola.
- In casa mia, rispose col tono con cui avrebbe detto: Nel mio palazzo! Non è, forse, un capolavoro?, continuò, rivolgendosi verso di me.
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