- Sotto le arcate del Duomo, l'inverno scorso, ho sperato e temuto mille volte d'incontrarti col tuo sposo; sotto quelle arcate ho ricordato tutte le domeniche le espressioni della Tua lettera, e ho cercato di tradurle in inglese e in tedesco (soave illusione!); sotto quelle arcate Ti cercai più giorni nell'estate, dopo che t'avevo vista a Milano... Rileggendo le memorie del 1878 mi dicevo: - Ma come speravo ancora? Sento che un giorno rileggeremo insieme queste annotazioni, e saremo contenti, e pregheremo Iddio, sento che la castità e la mia vita ritirata non sono un castigo per me, sono un voto, una preparazione... O Lidia, mi inganno? E allora che cosa è della mia vita? Ho già 27 anni! E sento tanto bisogno d'avere al mio fianco una donna, una giovane, una sorella, una vergine! I miei anni passano! Io spero, spero, o Lidia, spero.
Che importa se per quattro anni Tu non hai risposto al mio amore: Mi hai amato, quando Ti dichiarai: "Siate felice!" e avrai cominciato ad amarmi dopo l'addio.
Oh! se sono derivate a Te sventure, io dico: "benedette sventure se possono farti ricordare di me e potessi io un giorno farti dimenticare le sventure che hai avuto e rifarti con me una vita nuova, tranquilla, anche nella nostra età matura!"
Quale incertezza! - Oh spero, e sento che Dio mi vede... Vorrei andare al Santuario di Saronno, e là affisandomi in quei due angioli purissimi di Gaudenzio che ho tanto amato, là aprire la busta e leggere il suo Nome. Così nel 1877 ho letto la sua lettera: in faccia a Dio, nella quiete, nell'ombra, nella poesia santa di un sacrario antico!
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