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      Fu vera gioia. I preparativi di difesa alacremente si spinsero. A termine della capitolazione dovevano entrare gli Austriaci il giorno cinque alle sei di sera: venne la notte - gli Austriaci non si videro. Per torre ogni mezzo all'inimico di fulminare colle sue batterie da punti elevati la città, il giorno prima s'erano incendiate tutte le case fuori di Porta Romana: nuovo sacrificio fu questo fatto alla patria ed alla causa nazionale da povere famiglie a strette risorse: eppure non un grido, non un lamento: all'indomani continuava l'incendio: altri sobborghi andavano in fiamme. Se ne valuta il danno ad otto milioni di lire austriache.
      La sera del 5 nuove voci si sparsero, ancor più strane. Le munizioni dell'esercito piemontese per errore condotte a Piacenza: mancanti le truppe di polvere, averne chiesto invano al comitato di difesa - si diceva. Non voglio discutere un fatto del tutto inverosimile a quel che mi sembra. Si parlava di oggetti preziosi nascosti in uno dei palazzi della nazione: a tal voce se ne tentò il saccheggio: si trovò falso il detto. Si assicurava infine (e questa volta non v'era inganno) tenere nei suoi magazzini nascosti 60 mila fucili il governo: li trovò il popolo e se ne impadronì: si armò. Eppure si niegavan le armi a lui, che il giorno innanzi la leva in massa a gran grida voleva decretata.
      Venne la notte. Non tardò il re ad abbandonare la città. Il colonnello della Marmora con una scala, a fune si lascia calare da una finestra del palazzo Greppi: corre alla casa dove stavan nascosti il reggimento guardie e quello dei bersaglieri di Piemonte e seco li mena a proteggere la fuga del re: vani sforzi furono tentati per ritenere il re fuggitivo, che poche ore prima difendere Milano sino all'ultimo sangue giurava.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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